Rampe di Libertad
Enrique e gli altri skater nel parco di «Liberty City». È la nuova Cuba che cerca di connettersi a Internet e aspetta il dopo Castro (Raúl)
Benvenuti a Ciudad Libertad. Era una base militare durante la dittatura di Batista, fu trasformata da Fidel Castro in un campus scolastico dopo il 1959. Oggi è il simbolo della nuova Avana, quella che cerca di connettersi a Internet, segue meno il baseball (lo sport nazionale) e aspetta di vedere cosa succederà ad aprile, quando Raúl dovrebbe cedere il potere. Centinaia metri quadrati, nel quartiere Marianao, prati perfetti per fare attività fisica, viali alberati, i ragazzi la chiamano «Liberty City», all’americana. A cullarla come un figlio è stato Rene Lecour, cinquantenne americano di origini cubane, patron della ong Amigo Skate Cuba che ha esportato sull’isola lo sport dei ragazzini ribelli gringos. «Leggenda narra che siano stati i militari russi a lasciare a Cuba la prima tavola negli Anni ’80. Ma non ne sono sicuro, io so solo che ci siamo portati i sacchi di cemento a mano per costruire le rampe», racconta Enrique, 17 anni, fierissimo delle sue scarpe Vans che è riuscito a farsi spedire da una cugina passata all’estero. Niente slogan politici, niente ideologia. A Liberty City si viene solo per divertirsi. E quando la tavola si rompe sono guai perché trovare i pezzi di ricambio è ancora difficile. Impossibile aprire un negozio finché lo skate non viene riconosciuto come sport e non viene creata una federazione. Ma nell’attesa si sognano i Lords of Dogtown e ci si arrangia, come per tutto il resto. A giugno qui si riuniranno gli skater cubani per il primo happening nazionale. Artisti, writer e stilisti non mancano di fare un salto il sabato pomeriggio per trarre ispirazione. E quando si è fortunati capita pure di incontrare Yojany Pérez, star della scena skate locale e protagonista di Havana Skate Day, il nuovo documentario di cui parlano tutti i ragazzini lungo il Malecón.