Corriere della Sera

Poesia, consolazio­ne delle nazioni

- di Beppe Severgnini © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Se la poesia è una consolazio­ne delle nazioni, in Italia oggi abbiamo bisogno di parecchia poesia. L’idea di «Percorsi Diversi» — festa e letture, martedì 20 marzo ore 21 in Sala Buzzati (via Balzan 3, Milano) — è tanto delicata e opportuna che perdoniamo il gioco di parole del titolo.

Compliment­i alla Fondazione Corriere della Sera e a la Lettura, che al tema dedica il numero in edicola da oggi (56 pagine). La poesia ha un andamento carsico: compare e scompare, dentro una società; e mai a caso. Il sospetto è che riemerga nei momenti di crisi e di passaggio. È come se le persone avessero bisogno di capire meglio e più a fondo. Di trovare una lama di luce nel bosco fitto degli avveniment­i. E la poesia ha questa capacità. È una sintesi fulminante, che arriva al cervello passando per il cuore. Questi anni Dieci del XXI secolo ricordano, per qualche verso, gli anni Settanta del XX secolo («per qualche verso»! Va be’, ormai l’ho scritto). Allora e oggi gli italiani volevano cambiare, l’inquietudi­ne creava confusione, la confusione produceva insicurezz­a, l’insicurezz­a chiedeva rassicuraz­ione. E la poesia ne forniva. Oggi le cose vanno meglio. Nel terremoto politico — una destra sovranista in verde, una sinistra assistenzi­ale rivestita di giallo — non c’è violenza, per fortuna. Ma il desiderio di conforto ricorda quello di quarant’anni fa. Il bisogno di poesia, negli anni Settanta, veniva soddisfatt­o anche dalle canzoni: De Gregori e Dalla, De André e Guccini (ascoltate «Incontro»: è una poesia con l’accento emiliano). Ma esisteva anche un’esuberante scena poetica, di cui ho la prova. Aldo Borlenghi — poeta, critico e filologo, amico di Ungaretti e Bacchelli — aveva sposato una zia, Franca Severgnini. La mia attuale casa di Milano era la loro casa, la biblioteca del Novecento è passata a me. Su 7-Corriere abbiamo aperto un «Ufficio Poesie Smarrite», affidato a Luca Mastranton­io: il fornitore è Aldo Borlenghi.

A proposito. Domenica, a «Tempo di Libri», ho incontrato un settantenn­e, venuto apposta per parlarmi. Da ragazzo aveva frequentat­o l’istituto tecnico Cattaneo, dove Borlenghi aveva una cattedra, appena arrivato a Milano. Mi ha detto: «Suo zio ci faceva leggere le poesie in classe. In un istituto tecnico! All’inizio ridevamo di lui. Ma oggi le dico: a molti di noi ha cambiato la vita».

Che bel ricordo di un insegnante, che bell’omaggio alla poesia.

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