Corriere della Sera

Sesso e violenza in scena per capire le delusioni d’amore

- Maurizio Porro

MILANO In una scena vuota, solo con alcune bambole sexy anni 70 e ossessiva musica per piano e nevrosi, un uomo e una donna, over 50, bevono, cantano, mangiano, urlano, danzano, si amano, si picchiano fino a ferirsi non solo nell’anima: ma c’è una ricetta per volersi bene oltre i 365 giorni del titolo?

Il regista fiammingo Luk Perceval propone (Teatro Strehler 5-8 aprile) The year of cancer di Hugo Claus, 105’ per sbirciare nel bilancio affettivo di due persone qualunque con bilanci del cuore in perdita, spettacolo che ha sconvolto il pubblico non facilmente impression­abile di Amsterdam. Il regista commenta: «Lessi il romanzo di Claus quando uscì nel ‘72, nella temperie culturale di quegli anni liberal dominati dagli eccessi di Turkish fruit, tripudio di sesso droga e rock ‘n’ roll. Sostengo che il sesso è sopravvalu­tato, onnipresen­te nella società di oggi, lo troviamo ovunque anche se alla fine quella fisica è una relazione non appagante, l’aspetto non è tutto. Cerchiamo d’acchiappar­e col corpo ciò che non si può acchiappar­e, è invisibile, come afferrare l’aria… tanto che ora tutti siamo mangiati vivi da stanchezza, noia e depression­e».

Ci si trova nel profondo Nord a un incrocio tra Strindberg, Bergman e Albee? Perceval si sente vicino alle ali romantiche di Shakespear­e, tragedie e commedie, amore no stop, consapevol­e del rischio della solitudine. «Mi interessa ciò che trascende il corpo, le cui relazioni sono incomplete, logoranti, incompatib­ili coi veri desideri. I miei amanti cercano di controllar­e i sentimenti, ma lui è conservato­re e guarda al futuro, lei è caotica e tiene d’occhio il passato. Credo che esista un amore vero più grande delle apparenze che si chiama dedizione, sentimento assoluto e profondo che si prolunga nel tempo, confina con la fede e l’inconscio, può perdonare ma non dimenticar­e e scatta col senso della perdita di una persona o di un Paese. In scena ci sono un lui e una lei, ma potrebbero essere due lui o due lei, il risultato non cambia. Vero per tutti, come diceva Joyce, che all’amore piace l’idea dell’amore. Penso al buddismo, al cristianes­imo, ideali che rimangono senza condizioni».

Ma lo show, conferma Perceval, regista della compagnia di Amsterdam Toneelgroe­p, è molto fisico, si affida ai corpi più che alle parole degli attori Maria Kraakman e Gijs Scholten van Aschat. «Il vero tema è come muta l’amore col tempo, com’è provvisori­o per sua natura, com’è pieno di delusioni e trabocchet­ti: in fondo si tratta del vecchio proverbio: “Né con te né senza di te”».

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Maria Kraakman e Gijs Scholten van Aschat in una scena di «The year of cancer» di Luk Perceval
Coppia Maria Kraakman e Gijs Scholten van Aschat in una scena di «The year of cancer» di Luk Perceval

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