Corriere della Sera

Tornano le denunce di Report: giudici a cottimo e diritti negati

Ranucci: andiamo in onda solo perché siamo una tv di servizio pubblico

- Renato Franco

Le banche e i rifiuti urbani, le autostrade e i diritti (negati) sul lavoro, le auto elettriche e il traffico di petrolio. Da domani alle 21.15 su Rai3 torna Report con le sue inchieste, l’impianto è quello consolidat­o: «Sono il custode del dna di Milena (Gabanelli), la narrazione dei fatti da più di vent’anni è la nostra filosofia di lavoro», spiega Sigfrido Ranucci, che ormai da un anno ha preso la conduzione del programma dalla sua storica anima.

Le storture da denunciare non mancano: «Parleremo di lavoro e diritti mancati: da vent’anni 5.500 tra giudici onorari, pubblici ministeri, dipendenti del ministero della Giustizia, lavorano senza ferie e contributi. Sono magistrati a cottimo che prendono 10 euro lordi a fascicolo e 50 a sentenza. Eppure sono fondamenta­li per far funzionare la macchina della giustizia, hanno in mano l’85% dei processi. Ci occuperemo anche di auto elettriche: siamo il fanalino di coda in Europa e il fatto che Eni ha investito sul metano ha ripercussi­oni evidenti. Sull’autostrada Roma-milano ci sono solo due colonnine per il rifornimen­to di cui una guasta. Ci abbiamo messo 13 ore per arrivare a destinazio­ne, praticamen­te fai prima con il Su Rai3

● Sigfrido Ranucci (a destra, 56 anni): dal 27 marzo 2017 conduce «Report», in onda su Rai3 ● «Report» è la trasmissio­ne ideata da Milena Gabanelli (nella foto) che l’ha condotta dall’esordio, nel 1997, fino al 28 novembre 2016 cammello».

Trasmissio­ne scomoda da sempre; citazioni, querele, richieste di risarcimen­to non si contano: «Nell’ultimo anno abbiamo avuto problemi con gli sponsor. Abbiamo fatto inchieste sulla Coca Cola, sulla pasta, sul cioccolato e sui supermerca­ti. E loro hanno ritirato la pubblicità, a dimostrazi­one che una trasmissio­ne come questa la puoi fare solo su una tv di servizio pubblico, non sulle tv commercial­i che ovviamente vivono di pubblicità».

Se le pressioni esterne sono continue, Ranucci assicura che quelle interne non ci sono: «Mi sono sempre sentito libero, ci confrontia­mo sempre con la direzione generale dell’azienda e di rete, con l’ufficio legale, ma nessuno ha mai imposto censure».

Se si arriverà a un governo, il terremoto politico avrà conseguenz­e anche sull’assetto della Rai renziana: il Movimento 5 Stelle e Lega vorranno contare di più. «Il peso della politica all’interno della Rai è noto, anche se io ne faccio piuttosto un problema di competenze. Comunque per noi non cambierà nulla, abbiamo preso querele da tutto l’arco costituzio­nale, dunque qualsiasi colore assuma l’azienda per noi non fa differenza: per noi continuano a contare gli spettatori che pagano il canone, sono loro i nostri editori».

Il lunedì non è certo il giorno migliore per andare in onda. Conduttore Sigfrido Ranucci (56), giornalist­a, è al timone di «Report» dal marzo 2017 Ranucci ne è consapevol­e: «La controprog­rammazione è molto forte, le repliche del Commissari­o Montalbano superano il 30% di share. Non chiediamo protezione, ma soltanto di essere trattati come gli altri: ogni inchiesta porta via mesi di lavoro, Report ha avuto riconoscim­enti internazio­nali, è un marchio forte della Rai che andrebbe valorizzat­o».

Spesso chi è nel mirino delle inchieste di Report preferisce sottrarsi al confronto, piuttosto che spiegare: «È un vizio molto italiano, all’estero invece non è cosi, politici e manager di enti pubblici importanti difficilme­nte parlano con noi, e tutto questo è mortifican­te».

Un fenomeno in espansione

I servizi «Abbiamo avuto alcuni problemi con gli sponsor a causa dei nostri servizi»

è quello del diritto all’oblio: «Riceviamo sempre più richieste di cancellare nomi dal nostro archivio, in spregio al diritto di informazio­ne: mi sembra che sia giusto sapere se chi svolge un ruolo pubblico è stato condannato per aver truffato i cittadini. Viviamo in un mondo al contrario: per i fatti accertati si chiede il diritto all’oblio, mentre le fake news e le immagini che ledono la dignità non si riesce a cancellarl­e dal web».

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