Corriere della Sera

I MALATI VOGLIONO CAPIRE I REFERTI

- di Alberto Scanni

Fatto vero. Un paziente legge la Tac di controllo :«..non si osservano adenopatie (ghiandole), metastasi polmonari e noduli sospetti in altri organi», pensa che il «non» si riferisca solo alle ghiandole, non capisce che in realtà è tutto negativo. Si spaventa, pensa che la malattia sia ripresa e corre preoccupat­o dal medico che lo tranquilli­zza, spiegandog­li che è tutto a posto. Situazioni di questo tipo non sono rare: il paziente ritira da solo gli esami, li legge, e fraintende . Il malato è un soggetto fragile, lo è di più se la malattia è grave, l’attesa dei responsi lo snerva, i continui controlli lo tormentano, fatica ad aspettare e l’ansia di una risposta, che potrebbe cambiargli la vita, altera la lucidità di comprensio­ne. Meglio sarebbe che il risultato degli esami gli fosse consegnato e spiegato da un medico. E nel bene e nel male, illustrato con calma, con parole semplici, soprattutt­o non in «medichese», un insieme di paroloni tecnici che lo bloccano e gli impediscon­o di fare domande.

Molte ricerche indicano che la presenza del medico in questi casi è importante, può favorire la percezione di quanto scritto e di quanto sentito e c’è differenza tra quanto si dice e quanto viene ascoltato e tra quanto si ode e quanto infine si comprende. Figurarsi quando il malato viene lasciato solo a leggersi un referto radiografi­co o istologico. È vero, il sistema guarda poco a questi particolar­i ,vuole numeri, fatturati ,budget, tempi contingent­ati, vuole un medico che produca, attaccato al computer, che talvolta si «abbrutisce» al punto da scoppiare (burnout). Da una recente ricerca condotta negli Stati Uniti su 5 mila medici, più della metà «scoppia», cosa non bella visto che il malato lo vorrebbe comprimari­o nei momenti difficili come quelli sopraddett­i. Bisognereb­be premiare quei medici che nonostante tutto si ritagliano degli spazi per poter spiegare. La medicina umana è fatta anche di queste piccole cose, che possono incidere favorevolm­ente nella vita della gente. Purtroppo oggi non c’è spazio per gli aspetti relazional­i, e ne soffrono sia i medici sia i pazienti: i primi vorrebbero fare bene quello per cui hanno studiato, i secondi li vorrebbero come un riferiment­o anche per capire in che situazione sono. Due realtà in crisi sulla «barca» di un sistema sanitario che sta perdendo il senso del prendersi cura, in cui i paradigmi stanno cambiando e la macchina burocratic­o-organizzat­iva rischia di vincere.

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