Sale in Zucca
Intervenendo a un dibattito sui diritti umani, il pm genovese Enrico Zucca si è domandato con quale faccia un Paese che ha garantito luminose carriere ai torturatori del G8 possa chiedere all’egitto di consegnargli quelli di Giulio Regeni. Mi permetto di dissentire. I pestaggi di Genova restano una pagina vergognosa. E non meno vergognoso è che — a diciassette anni e svariati processi di distanza — alcuni protagonisti di quelle vicende si ritrovino negli ingranaggi dello Stato. Ma un episodio infame della nostra storia non può venire trasformato nel suo tratto distintivo. Non è serio mettere sullo stesso piano i lati oscuri, ma pur sempre eccezionali, di una democrazia con le pratiche di una dittatura militare.
Il relativismo è un’arma dialettica disonesta perché da settant’anni, da destra a sinistra, mette tutti sullo stesso piano. La violenza incontrollata di un gruppo di agenti in divisa con i metodi di una polizia segreta. Il cittadino che paga un bollo in ritardo con l’evasore totale. Nessuno è perfetto, tantomeno chi catechizza le imperfezioni altrui. Ma le persone non sono tutte uguali, e neppure gli Stati. Se la regola del dottor Zucca venisse applicata, l’italia non avrebbe più titolo per chiedere niente a nessuno. E la democrazia, che a differenza delle dittature può permettersi questi cali di autostima, finirebbe per rinnegare la sua ragione sociale: tutelare i diritti dei propri cittadini, compreso quello del dottor Zucca di dire ciò che pensa.