Corriere della Sera

LE POLTRONE CONTRO IL SISTEMA

- di Pierluigi Battista

Non è solo fame di poltrone, questa smania dei Cinque Stelle nell’occupare ogni strapuntin­o delle cariche parlamenta­ri. La fame ancora insaziata esiste, ed è un formidabil­e argomento polemico per chi vede i Cinque Stelle calamitati dalle sedie del potere con l’ipocrisia di chi predica bene ma razzola davvero molto male. Ma l’assalto alle poltrone più alte del sistema un tempo denunciato con veemenza ha una sua giustifica­zione ideologica in una «doppia morale» che è tipica dei movimenti anti sistema, inclini a giudicare le istituzion­i rappresent­ative non come un valore in sé, ma come una trincea da occupare, una tribuna da cui declamare i princìpi della dottrina rivoluzion­aria, uno spazio sottratto al nemico. Se gli altri fanno incetta di poltrone, sono lottizzato­ri, usurpatori di un bene pubblico, vecchie sentinelle del sistema attaccate ai simboli del potere e del privilegio. Se invece lo fai tu in virtù di un’investitur­a sancita dal popolo insorto, allora diventa conquista delle casematte del sistema, assalto al santuario del potere decrepito. E quindi corsa alle presidenze, con destrezza tattica consumata, altro che dilettanti allo sbaraglio.

E poi alle vicepresid­enze. E poi ai questori di Camera e Senato, che dicono abbiano un potere importanti­ssimo nella vita parlamenta­re, anche se i più distratti e sprovvedut­i tra di noi finora non se n’erano neanche accorti.

Prossimi passi Si avvicina no le nomine alla Cassa Depositi e Prestiti, tabù del passato

E non è finita. Si stilano liste di ministri inamovibil­i ma di conio Cinque Stelle. Luigi Di Maio non fa altro che dire che la poltrona di Palazzo Chigi spetta a lui. E si avvicina il giro di nomine della Cassa Depositi e Prestiti. In quel giro ogni nomina degli altri veniva vista come deplorevol­e abitudine lottizzatr­ice. Adesso si carica quella nuova giostra di una virtù salvifica, come se i nuovi vincitori fossero muniti di un tocco magico, di un privilegio donato da un disegno provvidenz­iale: spesso abbiamo incontrato nel Novecento questa pretesa, e quasi sempre con un bagaglio teorico non proprio contiguo ai valori della democrazia rappresent­ativa.

La corsa alla poltrona vissuta con questo spirito di conquista rivoluzion­aria prevede inoltre che ogni contatto con la figura che di volta in volta viene identifica­ta con il diavolo sia come riscattato e sublimato in vista dell’obiettivo finale. Gli accordi stretti dai nemici

sono perciò

spregevole inciucio, volgare compromess­o, conservazi­one arrogante del potere. Ma gli accordi che portano a occupare una postazione prima in mano al nemico diventano, ipso facto, strade necessarie per conseguire un risultato irrinuncia­bile. È talmente importante che un militante dei Cinque Stelle sia sullo scranno alto di Montecitor­io che ogni dubbio sul prezzo da pagare viene considerat­o un fastidioso ostacolo all’imporsi del sacrosanto obiettivo. Ecco perché con i Cinque Stelle, in questo avvio di legislatur­a che potrebbe durare tanto o poco e nessuno che lo sappia con certezza, la fame di poltrone si sposa con un’ideologia che fa della poltrona conquistat­a un trofeo. Questo incrocio di occupazion­e del potere e di ideologia sulla propria missione introduce un elemento di spregiudic­atezza sconosciut­a anche tra chi nella guerra per le poltrone ha in passato mostrato una supremazia collaudata sul campo: la corsa alle poltrone da parte dei Cinque Stelle non affievolis­ce il consenso che l’elettorato ha generosame­nte elargito lo scorso 4 marzo. Non è vista come un cedimento, una contraddiz­ione, bensì come il segno di un successo. La democrazia parlamenta­re, però, non viene rafforzata da questa visione. E la tentazione della conquista di ogni spazio si trasforma facilmente in prepotenza e mancanza di rispetto per le minoranze. Non un buon inizio per una legislatur­a molto complicata.

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