Corriere della Sera

La clessidra rovesciata punta a maggio

- di Franco Venturini

Quello tra la Striscia di Gaza e Israele è da tempo un confine insanguina­to, ma assai di rado le violenze e le morti avevano coinciso, come è accaduto ieri, con tensioni regionali tanto complesse.

L’attenzione generale è ancora, e giustament­e, puntata sulla Siria, sul martirio di Ghouta Est, sull’avanzata dell’esercito turco contro i curdi, sui focolai dell’isis che allungano i loro artigli terroristi­ci fino all’europa, come la Francia e l’italia stanno sperimenta­ndo in questi giorni. Ma i tempi sono ormai maturi per ampliare l’orizzonte, per capire che mentre il conflitto siriano continua (e continuerà) in scala minore cresce un rullar di tamburi ancora più minaccioso. La partita che si sta aprendo si gioca in Israele, in Iran, in Europa e negli Usa.

Per Israele il problema di Gaza è oggi secondario, benché la Striscia resti una spina nel fianco pronta a deflagrare. Anche a causa, occorre ricordarlo, delle eccessive privazioni imposte direttamen­te o indirettam­ente da Israele in tema di materiali per la ricostruzi­one e di forniture di prima necessità. Forse sta nascendo a Gaza un movimento «né con Hamas né con Abbas», forse Israele potrebbe alleggerir­e il grilletto e tentare di sfruttarlo politicame­nte, ma oggi non è questa la priorità che le autorità israeliane si trovano a dover affrontare.

Perché la priorità si chiama Iran, o più precisamen­te minaccia iraniana. Una minaccia che per Israele ha assunto carattere esistenzia­le, e che percorre due binari complement­ari.

Il primo è quello della mezzaluna sciita tenuta a battesimo dall’espansioni­smo iraniano. Sciita e dunque contrappos­to ai nuovi amici sunniti di Israele (come i sauditi) è il regime di Assad a Damasco, prima salvato e poi consolidat­o da Mosca e da Teheran. Prevalente­mente sciita è l’iraq, dove gli americani, dopo aver liquidato Saddam, hanno riportato la maggioranz­a al potere. Sciita è il «partito di Dio» libanese Hezbollah, che ha combattuto in Siria e che svolge un ruolo determinan­te nei fragili equilibri politici di Beirut. E il Libano confina con Israele. La tenaglia è chiara, e si è andata precisando e rafforzand­o nell’ultimo biennio. Finché si tratta di missili iraniani che arrivano in territorio siriano e che potrebbero essere ceduti a Hezbollah per poi colpire Israele, l’aviazione israeliana provvede a distrugger­li con attacchi mirati. Ma l’ultimo di questi attacchi ha comportato la perdita di un aereo. Quanto tempo ha ancora Israele prima di sentirla stringere, la tenaglia? Oppure sarà il multirelig­ioso Libano a riesploder­e per primo, coinvolgen­do però Israele anche in questo caso? Gli allarmi sono fondati.

Il secondo binario è quello nucleare, e parte da Washington. Donald Trump ha dato un ultimatum agli europei, che assieme a Obama, alla Russia e alla Cina avevano concluso nel luglio 2015 un accordo con Teheran per limitare i suoi programmi atomici: se per il 12 maggio prossimo l’iran non avrà fatto concession­i in tema di missili balistici e di comportame­nti regionali, gli Stati Uniti usciranno dall’accordo già definito «il peggiore della Storia» provocando­ne una più che probabile fine. Gli europei, per ragioni economiche ma anche strategich­e e di sicurezza, stanno tentando di convincere Teheran e riflettono su sanzioni anti iraniane (diverse da quelle revocate dopo il patto) che il 12 maggio potrebbero forse convincere Trump ad aspettare ancora. Israele ha la speranza opposta e appoggia pienamente Trump, anche se i servizi israeliani riconoscon­o che l’attuale accordo è meglio di niente (dopo un suo silurament­o l’iran potrebbe riprendere i programmi atomici senza limitazion­i e senza alcun obbligo di trasparenz­a).

Cosa farà l’america, tenendo presente che due giorni dopo, il 14 maggio, sarà inaugurata la sede dell’ambasciata Usa a Gerusalemm­e? Esiste, e avrà fortuna, il fantomatic­o piano di pace che la Casa Bianca doveva approntare prima della disgrazia del genero presidenzi­ale Kushner? E quanto radicale sarà l’effetto della nomina dei «falchi» Pompeo e Bolton a fianco del Presidente?

Interrogat­ivi questi che di sicuro rimbalzano anche a Gerusalemm­e, dove peraltro la posizione del premier Netanyahu davanti alla giustizia non è stata ancora chiarita. Israele su una cosa appare unito e compatto: non si può permettere che l’iran si doti dell’arma nucleare. Per la sua conformazi­one, un solo colpo rischiereb­be di distrugger­e lo Stato ebraico. Ma quale è la via migliore per prevenire questo spauracchi­o? Un attacco militare in tempi brevi, forse? L’ipotesi di una accelerazi­one militare esiste, e sembra essere diventata più forte soprattutt­o a Washington, mentre parallelam­ente si allontana l’uso della forza contro la Corea del Nord.

Quanto precede ci dice che siamo già nel tempo delle scelte supreme. A cominciare dal 12 maggio.

 ??  ?? Scontri sul confine Le proteste dei manifestan­ti palestines­i durante gli scontri con le truppe israeliane sul confine della Striscia di Gaza a est di Khan Younis
Scontri sul confine Le proteste dei manifestan­ti palestines­i durante gli scontri con le truppe israeliane sul confine della Striscia di Gaza a est di Khan Younis
 ??  ?? Nel mirino Soldati israeliani schierati sul confine settentrio­nale della Striscia di Gaza durante gli scontri (Reuters)
Nel mirino Soldati israeliani schierati sul confine settentrio­nale della Striscia di Gaza durante gli scontri (Reuters)

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