Marino e il progetto per aumentare il numero di trapianti «Nessun donatore vivente filippino»
Il 16/3 il Corriere descrisse il trapianto a Padova di un rene prelevato da una persona deceduta per un paziente che aveva la disponibilità della moglie a donare l’organo ma non poteva farlo essendo incompatibile dal punto di vista immunitario. La signora ha poi donato un rene a un altro paziente, aiutando così un’altra persona. Congratulazioni alla donatrice vivente e alla famiglia del donatore deceduto: essi sono i veri eroi della chirurgia dei trapianti. Vanno anche lodati i medici che hanno eseguito gli interventi. Dobbiamo però rettificare diverse informazioni errate. È importante che il team di Paolo Rigotti abbia trasformato in realtà un’idea, ma non è vero quanto sostiene il Corriere e, apparentemente anche il responsabile del Centro nazionale trapianti, che «finora nessuno ci aveva pensato». Il concetto era noto a tutto il mondo scientifico dal 2016 perché pubblicato, da due dei firmatari di questa lettera, sull’american Journal of Transplantation. Non è neppur vero che non esistano algoritmi o studi. Esistono da anni e sulla loro base uno dei firmatari di questa lettera ha ricevuto nel 2012 il premio Nobel. È inoltre falso quanto scritto che «negli Usa si ipotizza fra le polemiche il ricorso a donatori viventi filippini che in cambio potrebbero usufruire di un trapianto gratuito per il parente malato». È poi diffamatorio affermare che il «nostro chirurgo Ignazio Marino» (nostro di chi?) appoggerebbe tale pratica. È vero invece che esiste un progetto (Global Kidney Exchange) che negli Usa non ha visto alcun conflitto, bensì l’endorsement, nel 2017, dell’american Society for Transplant Surgeons, la società che riunisce tutti i chirurghi dei trapianti. Inoltre, il 22 gennaio 2018, il Presidente dell’istituto Superiore di Sanità, Prof. Walter Ricciardi, nel suo ruolo di membro dell’executive Board della Organizzazione Mondiale della Sanità ha promosso tale idea che da allora è visionabile sul sito dell’oms. È un’idea nata dal desiderio di aiutare il numero più grande possibile di pazienti. In pratica, se uno di noi volesse donare un rene a una persona amata, ma non può perché ha un gruppo sanguigno B, e la persona che ama necessita di un rene da un donatore con un gruppo sanguigno A, quel trapianto impossibile può essere realizzato perché in qualche parte del mondo esistono altre due persone che si amano e che hanno gruppi sanguigni opposti. Facendoli incontrare si possono trapiantare pazienti altrimenti non trapiantabili. È quanto illustrammo a Roma, in un convegno promosso dall’istituto Superiore di Sanità, il 15 gennaio 2018. Si tratta di un progetto rivoluzionario se si pensa che solo nell’africa sub-sahariana ogni anno muoiono circa 5 milioni di persone perché non hanno accesso né all’emodialisi né al trapianto di rene.
Ignazio R. Marino Professor of Surgery, Jefferson University Cataldo Doria Professor of Surgery, Jefferson University Michael Rees, Professor of Urology, University of Toledo Alvin E. Roth Professor of Economics, University of Stanford and Harvard, Nobel Economia 2012
Marino non può permettersi di definire falso e diffamatorio quanto da me scritto né di usare toni tanto astiosi. Smentisce fatti riportati, prima che dal Corriere, dal Centro nazionale trapianti in un comunicato del 15 marzo (consultabile sul sito www.salute.gov.it). Era nota l’esistenza di altri «scambi» tra coppie incompatibili o di catene innescate da donatori samaritani, ma non da donatori deceduti. È una vera novità inoltre l’algoritmo messo a punto dai trapiantologi di Padova, appositamente per il caso italiano dunque non ne può essere contestata l’originalità. Nell’articolo scrivo «nessuno ci aveva mai pensato», non a ideare questo sistema ma a passare ai fatti concreti. Per quanto riguarda la posizione sul Gke, su cui esistono forti critiche da parte delle principali organizzazioni nazionali europee, di altre organizzazioni internazionali e di società scientifiche, Marino stesso ne ammette l’esistenza in una lettera pubblicata dall’american Journal of Transplantation. Il modello padovano ha invece il merito di prevenire tutte le osservazioni morali sull’impiego di donatori di Paesi in via di sviluppo. L’unico punto su cui il chirurgo ha ragione è il mio errore sul significato di Gke che traduco con Global Kidney Change e non Global Kidney Exchange. Me ne scuso con i lettori.
Il chirurgo Solo nell’africa sub-sahariana ogni anno muoiono circa 5 milioni di persone perché non hanno accesso né all’emodialisi né al trapianto di rene