Corriere della Sera

Oliviero Diliberto L’ex guardasigi­lli racconta la politica e la vita in Oriente «Salvai la scrivania di Togliatti, da comunista viaggio in seconda classe»

- Di Stefano Lorenzetto (Foto Daniela Pellegrini)

O liviero Diliberto non dà interviste dal 2013, «da quando la mia parte politica fu sconfitta disastrosa­mente», specifica. A maggior ragione non vorrebbe darne oggi, «visto che alle elezioni del 4 marzo è stata annientata». L’ex guardasigi­lli comunista è impietoso con sé stesso: «La mia generazion­e ha fallito. Il suo unico dovere morale è scomparire».

Giusto 20 anni orsono, fu ministro della Giustizia per 18 mesi nei due governi D’alema. «L’avvocato Niccolò Ghedini, non certo un bolscevico, riconobbe che ero stato il migliore». Dicono che Diliberto sia presuntuos­o. «È possibile», ammette. Ma qualche motivo di legittimo orgoglio ce l’ha. Sta insegnando il diritto romano alla Cina. Di più: sta aiutando il governo di Xi Jinping ad adottarlo nel proprio codice civile. Mi mostra un libro con testo in cinese e traduzione a fronte in latino. In copertina c’è l’immagine dell’imperatore bizantino Giustinian­o nel mosaico della basilica di San Vitale a Ravenna. Decritta ad alta voce gli ideogrammi: «Corpus iuris civilis di Giustinian­o. Digesto. Libro Delle cose nuziali. Traduzione in cinese di Huang Meiling». È stata sua allieva a Roma, oggi è docente associata alla Zuel.

L’acronimo significa Zhongnan university of economics and law. L’ateneo ha sede a Wuhan, 1.200 chilometri a sud di Pechino, 10 milioni di abitanti. È la città delle università: ne conta ben 200. Diliberto, ordinario di diritto romano alla Sapienza, ci va due volte l’anno. Insegna in italiano e in latino. «Tutti gli studenti mi capiscono», e un altro guizzo di fierezza gli illumina lo sguardo.

Bernardo Bertolucci dovrà aggiornare il suo film: l’assemblea del Popolo ha incoronato Xi Jinping ultimo imperatore con due soli voti contrari.

«Il leader cinese ha avviato una campagna di riforme mai vista prima. Le ricordo che Franklin Delano Roosevelt fu presidente degli Stati Uniti per quattro mandati e ne avrebbe fatto un quinto se non fosse morto».

Che genere di riforme?

«Lotta alla povertà, Stato fondato sul diritto, contrasto alla corruzione. Che significa anche morigerate­zza: il rettore e il preside della Zuel sono obbligati a viaggiare in seconda classe nonostante paghino il biglietto aereo di tasca loro».

La Cina usa come schiavi i reclusi dei laogai e detiene il record mondiale di esecuzioni capitali. E lei mi parla di riforme?

«La pena di morte c’è anche negli Stati Uniti e nessuno s’indigna. Con la differenza che gli americani avrebbero dovuto abolirla, perché in fatto di diritti umani hanno una tradizione che in Asia non esiste. Invece non riconoscon­o neppure la Corte penale internazio­nale dell’aia».

L’italia è il Paese europeo in cui vivono più poveri: sono 10,5 milioni. Non dovrebbero essere tutti comunisti?

(Ride). «Bella domanda. Il proletaria­to è più numeroso dei ceti abbienti, ma nelle elezioni, ahimè, entrano in gioco fattori ideologici, propagandi­stici, religiosi, antropolog­ici. Pensi ai consensi raccolti dalla Dc. Un partito interclass­ista che, a questo punto, tutti rimpiangia­mo».

Com’è che Pd? i poveri non votano per

«Mi avvalgo della facoltà di non rispondere».

La incrimino per reticenza.

«Non si possono tenere insieme Gramsci, Kennedy, Luther King e don Milani».

Che fine farà il Partito democratic­o? il

«Sono riusciti a perdere anche le regioni rosse. Non c’è più niente».

E Matteo Renzi?

«Dovrebbe scomparire. Non lo farà».

La disgusta che Movimento 5 Stelle e Lega arrivino al governo?

«Il peggio che ci possa capitare. Ma gli elettori hanno deciso così».

Perché il peggio?

«Perché nel 2007 assistetti per caso dalla finestra di un hotel di Bologna al primo V-day con Beppe Grillo. Un fanatismo e uno schiumare di rabbia terribili. L’idea che chiunque ha fatto politica sia un delinquent­e, a prescinder­e, contraddic­e tutti i valori della democrazia rappresent­ativa dai tempi di Pericle a oggi».

Quale esecutivo pronostica?

«Le mie categorie della politica non esistono più. Sarebbe come chiedere a Romolo Augustolo che tipo di governo formeranno i barbari».

Fu scritto: «Diliberto si fida solo di Massimo D’alema». Sua obiezione: «Non mi fido di nessuno». Dev’essere un brutto vivere.

«Basta sapere che la parola data viene a volte tolta. Da segretario del Partito dei comunisti italiani nel 2013 strinsi un accordo con Pier Luigi Bersani, che in extremis si dileguò. Feci male a fidarmi».

Odia ancora Silvio Berlusconi?

«No. Ho recuperato la giusta distanza. Però mi fa sempre incazzare. In campagna elettorale s’è vantato d’essere stato assistente universita­rio di diritto romano. Una balla. E per fortuna, dato che ha attribuito il Digesto a Ulpiano».

Vittorio Feltri sostiene che Berlusconi è sincero solo quando mente.

«Fantastica definizion­e».

Come divenne comunista?

«Era il 1969. Entravo in quarta ginnasio a Cagliari. C’era l’autunno caldo. Alcuni militanti distribuiv­ano volantini per strada. Non li avevo mai visti. I volantini, dico.

Pechino ha il record di esecuzioni capitali, ma la pena di morte c’è anche negli Usa. Liberai Öcalan dopo una telefonata di Berlino

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