Corriere della Sera

RENZI NON HA AVUTO SOLO DEMERITI

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Caro Aldo, giudico Matteo Renzi un politico di grandi potenziali­tà, anche se altrettant­o grandement­e antipatico. Con il referendum aveva infatti «offerto» agli italiani alcune riforme richieste da tutti: abolizione del Senato, riduzione dei parlamenta­ri, riforma elettorale (che garantiva la governabil­ità) e della dirigenza statale, abolizione delle province. Gli italiani dicevano di volere queste riforme, ma la maggioranz­a ha detto no. Ora queste cose non si faranno più: infatti nessuno ne parla. Claudio Faccin, Valdagno Caro Claudio,

Le assicuro che Renzi di persona non è affatto antipatico. Anzi, ha una capacità di entrare in empatia con l’interlocut­ore che ricorda quella di Berlusconi. Con la fondamenta­le differenza che Berlusconi vorrebbe trasformar­e anche i nemici in amici; Renzi del nemico si nutre, ne cava energia, ne ha bisogno per alimentare la sua visione agonistica della vita e della politica.

Onestament­e credo che il giudizio diffuso su Renzi sia sin troppo severo. Da presidente del Consiglio ha avuto un buon inizio: gli 80 euro non erano una regalìa ma un taglio al cuneo fiscale a vantaggio dei lavoratori anziché degli imprendito­ri, a differenza di quello varato da Prodi. Sul Jobs act si può discutere, a cominciare dal nome anglofilo, ma di sicuro gli incentivi hanno creato nuovi posti, sia pure spesso precari. Poi Renzi ha compiuto un errore: ha rinunciato a imporre un netto taglio ai costi della politica, a cominciare dalle indennità dei parlamenta­ri, di cui aveva bisogno per approvare la riforma costituzio­nale. La sinistra Pd l’ha prima peggiorata, poi sentita l’aria che tirava, si è schierata per il No. Qui Renzi ha compiuto un secondo errore: ha pensato che mettere la propria testa sul ceppo avrebbe rafforzato il Sì, mentre è accaduto il contrario. Si è disegnato sul corpo un bersaglio, e il 60% degli italiani l’ha centrato. Poco importa riconoscer­e che nessun governo in Europa vincerebbe un referendum, forse neppure la Merkel; mille giorni al potere trasforman­o inevitabil­mente il rottamator­e in un uomo del detestato Palazzo. Il renzismo è finito il 4 dicembre 2016; il resto è stata un’agonia che era meglio evitare. Ora Renzi rischia un futuro alla D’alema: l’ex, intelligen­te ma rancoroso. Ma non ha avuto solo demeriti. Purtroppo il calcio dell’asino è sport nazionale, come la corsa in soccorso del vincitore.

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