Lo scacco di Fabiano a Putin il terribile
Èun paradosso che nell’epoca delle nuove tensioni tra Stati Uniti e Russia l’eroe americano sia un giocatore di scacchi venticinquenne. Nel torneo dei candidati per il titolo mondiale, disputato recentemente a Berlino, Fabiano Caruana, 25 anni, doppio passaporto americano e italiano, ha battuto il favorito Sergey Karyakin, un ucraino che ha lasciato il suo Paese — con l’appoggio di Vladimir Putin — per difendere i colori di Mosca. Sembra che l’onnipotente leader del Cremlino ci sia rimasto molto male, anche perché i giovani talenti a stelle e strisce sono allenati da un dissidente storico come Garry Kasparov.
Diventato «grande maestro» due settimane prima di compiere quindici anni, Caruana ha fatto vedere tra l’altro di avere i nervi molto saldi. A Berlino era in svantaggio, proprio perché aveva perso contro Karyakin, ma è riuscito poi a vincere le ultime due partite «nonostante la grande tensione». «Non potrei essere più felice», ha detto. Di lui El País scrive che «è una persona normale: saluta tutti e ama esaminare le partite al bar con gli amici». È nato a Miami, il padre siciliano e la madre lucana, e ha trascorso la giovinezza a Park Slope, il quartiere di Brooklyn ad alto tasso di scrittori reso famoso da Paul Auster, Jonathan Safran Foer o Jhumpa Lahiri. Forse avrà letto anche lui, come sicuramente i primi tre, La difesa di Lužin di Vladimir Nabokov.
Il prossimo, obiettivo è la sfida in programma a Londra dal 9 al 28 novembre. Caruana se la dovrà vedere con il norvegese Magnus Carlsen. «Arriverò molto ben preparato», ha promesso. Accanto a lui tutti sono ottimisti. Per noi, invece, resta il dispiacere di averlo perso per strada. Fino al 2015, infatti, gareggiava con la maglia azzurra. Poi, come il filippino Wesley So, venne arruolato dal multimilionario conservatore Rex Sinquefield, fondatore del «Chess Club and Scholastic Center of Saint Louis» e grande mecenate di una squadra «America First». Ancora scacchi e politica? Forse sì. Ma lasciamo giocare questo ragazzo tranquillo e ammiriamo la sua intelligenza. Non ci dirà mai, come il pirotecnico Bobby Fischer, anti eroe della vera Guerra fredda, che «la cosa peggiore che può capitare è perdere una partita».