«Sì alla tecnologia (usata con misura)» In Puglia i nuovi sarti a 360 gradi
«Quello che per noi è normale per gli altri è eccezionale». È nelle parole di un vecchio slogan radiofonico che Alberto Latorre — alla guida con i fratelli Vito, Luciano e Alessio della storica sartoria pugliese, partita nel 1965 come laboratorio artigianale per abiti su misura maschili grazie al padre Michele, 75enne tutt’ora operativo nell’azienda — ritrova il senso del patrimonio sartoriale made in Italy. Un mestiere «fatto con le mani» che oggi fa i conti con l’integrazione delle tecnologie, sempre più diffuse per supportare i volumi richiesti dal mercato estero.
Latorre si occupa di sviluppare i prodotti e proprio grazie all’integrazione è riuscito a far crescere negli ultimi 10 anni a doppia cifra l’azienda di Locorotondo fino a portarla a un fatturato di 12 milioni nel 2017, dei quali il 50% realizzato oltreconfine: «I nuovi sarti — dice —– devono convivere con la rivoluzione e le innovazioni dell’industria 4.0. Un’opportunità che, come tutte le cose, va sfruttata con intelligenza. Anche perché quello che poi conta veramente (oltre ad alcuni passaggi che devono per forza essere realizzati a mano come, nelle giacche, la messa in tela, l’imbastitura, l’impuntura) è ancora la mente umana che ci sta dietro». Risorse umane italiane (in via di estinzione al Sud e «da salvaguardare in stile Wwf», secondo Latorre) che hanno saputo incantare il pubblico di Pitti Uomo. «Il nostro brand — continua l’imprenditore — si trova a un punto maturo della sua evoluzione. Abbiamo accelerato per rimanere al passo con i tempi. Essere contemporanei significa farsi conoscere anche dalla generazione dei Millennials, incontrando il loro immaginario (l’universo cinematografico fatto di supereroi e gentiluomini inglesi come Sherlock Holmes) e allo stesso tempo proponendo una serie di modelli e tessuti per loro ancora tutti da scoprire: a cominciare dalle giacche alla Nino Manfredi che dettavano lo stile negli anni Settanta».
Un incontro possibile, ribadisce Latorre, grazie soprattutto alla capacità italiana di confezionare un prodotto «alto» su misura: «La nostra tradizione di sartoria (in primis, quella napoletana alla quale il marchio si ispira) è un bagaglio culturale che andrebbe tutelato in ogni modo. Noi investiamo molta energia per far crescere il nostro vivaio interno perché l’età media di un sarto italiano è piuttosto avanzata. Così non capisco il motivo per cui non si incentivino nuove figure sartoriali formate a 360 gradi: potrebbe dare enormi benefici per il futuro». Insieme alla crescita di fatturato, i nuovi obiettivi: «Stiamo lavorando — conclude Latorre — a un progetto ancora in fase embrionale dedicato al pubblico femminile, che ha compreso bene come esaltare la vestibilità del capo su misura maschile».