Una lezione onorevole
Questa foto, scattata tra i banchi della Camera, immortala un quaderno di appunti e la mano che li sta prendendo. La scrittura rotonda e ordinata fa pensare a una donna giovane, probabilmente iscritta al gruppo dei Cinquestelle, perché la zona dell’emiciclo setacciata dal teleobiettivo è quella. Il pollice rosicchiato tradisce partecipazione emotiva, mentre la scelta sorprendente di scrivere su un pezzo di carta, invece che sul telefono, risulterà assai gradita a chi rimane convinto che ci si impossessi di un concetto soltanto dopo averlo impresso su un foglio.
Gli appunti schematizzano, con tecniche da lezione universitaria, la struttura e i compiti dell’ufficio di presidenza della Camera, ma non sembra il caso di scher- nire il presunto dilettantismo di questa matricola, come hanno fatto in molti. Forse neppure Moro e Berlinguer, il primo giorno in cui entrarono a Montecitorio, ne conoscevano a menadito il funzionamento. Quanto alle migliaia di peones succedutisi negli anni senza lasciare altra traccia di sé che il vitalizio, spesso erano troppo ignoranti e presuntuosi per studiare le regole del luogo in cui si trovavano per grazia ricevuta. Ciò che colpisce nella foto, invece, è la dedizione con cui l’ignota deputata si è subito messa all’opera per imparare. Il suo atteggiamento da secchiona restituisce un briciolo di serietà a un ambiente vanesio che si chiama Parlamento, forse perché tutti parlano e nessuno ascolta.