Fuga di gas, crolla una palazzina «I bimbi uscivano dalle macerie»
Sventrata da un’esplosione nel Milanese: 9 feriti, un uomo in pericolo di vita
MILANO Alle 7 e 37 minuti del sabato Santo, alba grigia e cielo basso sui Comuni a Nord di Milano, le telecamere di sicurezza di una villa alla periferia di Rescaldina inquadrano la scena immobile di un prato ben curato, una piscina ancora coperta, una barriera di cipressi che separa il giardino dalla palazzina accanto. «È stata un’esplosione, secca e terribile». Alle 7,37 minuti e 3 secondi la costruzione oltre il confine si disintegra: le immagini ottenute in esclusiva dal Corriere mostrano infissi e serrande delle finestre scagliati fuori, muri che crollano, un’intera porzione di caseggiato che, al diradarsi del fumo, è scomparsa. «Eravamo a letto e siamo corsi fuori», raccontano i proprietari della villa. Hanno attraversato il prato ricoperto da schegge di vetro, stecche di serrande contorte, brandelli di tappeti, le scarpette di una neonata. «Siamo arrivati al muro di cinta, c’era ancora polvere nell’aria, e in quel momento due bambini stavano uscendo da soli da una sorta di cunicolo buio rimasto aperto sotto le macerie. Erano sporchi, ancora in pigiama, tremavano. Li abbiamo aiutati». Quei due bambini, Ares e Erwin, 10 e 7 anni, sono i figli del sergente maggiore dell’esercito Saverio Sidella, 45 anni, che è l’unico dei nove feriti in pericolo di vita, con ustioni sul 90 per cento del corpo. Guardando quel tetto di cemento armato rimasto sospeso nel vuoto, senza più nulla sotto, un vigile del fuoco, con la faccia ancora impastata di polvere e sudore, riflette: «È un mezzo miracolo, e non sto usando la parola a sproposito».
Viale Brianza 34, zona residenziale del piccolo centro a 30 chilometri da Milano, palazzina costruita nel 2009, case in affitto a 6/700 euro al mese. Nella parte esposta a Nord, tre appartamenti: la famiglia Sidella in basso; Davide Pederzini, 32 anni (una gamba rotta, l’ultimo a essere salvato dopo un paio d’ore sotto i detriti) al primo piano; la famiglia Avarino (con due bambini di 3 e 7 anni) in un’altra ala al secondo. L’esplosione s’è innescata al piano terra, sventrando tutto, creando un vuoto; solai, pavimenti, muri perimetrali e balconi sono collassati. I due figli e la moglie del militare hanno ustioni serie, ma non preoccupanti. Gli altri sono stati medicati solo per ferite e contusioni. «Un aspetto chiave da tener presente è l’orario — riflette uno dei Vigili del fuoco — le persone erano tutte a letto. Bisogna considerare che al momento della deflagrazione molti oggetti, porte, mobili e frammenti di cemento, hanno attraversato quegli ambienti come proiettili sparati verso l’esterno. Se tutti fossero stati già in piedi, il bilancio quasi con certezza sarebbe stato molto più drammatico».
Un’inchiesta sull’esplosione è stata aperta alla Procura di Busto Arsizio, che attende i risultati dell’indagine dei Vigili del fuoco e dei carabinieri della compagnia di Legnano. L’unico punto fermo, in questa prima fase, è che la deflagrazione è partita dal piano terra, in particolare dall’appartamento dove viveva la famiglia del militare. Ma quale è stata l’origine?
Al momento l’ipotesi più accreditata è quella del gas, ma con alcuni elementi che ancora non trovano una adeguata collocazione. Perché una perdita o un guasto all’impianto o a una caldaia sono possibili, ma tutt’altro che probabili in uno stabile costruito meno di dieci anni fa. E soprattutto nessuno, né i primi soccorritori entrati tra le macerie (pompieri, medici e sanitari del 118), né gli altri quasi trenta inquilini del palazzo (che vivono nella parte non distrutta), ha sentito odore di gas. Allo stesso tempo, sembra poco fondata l’ipotesi di un tentativo di suicidio (sempre col gas) che, come accaduto più di una volta anche a Milano nel recente passato, si trasforma in una strage.