Il doppio binario di Donald: i calcoli del presidente che resta un uomo d’affari
Sollecitato da una sortita del Cremlino, Donald Trump conferma di essere pronto a incontrare Vladimir Putin anche se il clima tra Russia e Occidente è tornato quello della Guerra fredda, mentre la reazione cinese ai dazi americani (i controdazi applicati da ieri) alimenta i timori di guerre commerciali e fa scivolare le Borse. Forte la caduta di quelle Usa: il Nasdaq, il mercato tecnologico, ha perso quasi il 3% mentre l’indice Dow Jones, che a metà seduta cedeva 758 punti, in chiusura ha recuperato fino a meno 458, con un calo finale inferiore al 2%.
È l’effetto dei timori di un rallentamento dei commerci, ma anche della «gelata» dei titoli tecnologici: cresciute al galoppo nel 2017 e all’inizio del 2018, da metà marzo (quando lo scandalo di Cambridge Analytica ha travolto Facebook) le azioni non solo della società di Zuckerberg, ma anche degli altri giganti di big tech — Google, Amazon, Netflix ed Apple — hanno perso complessivamente 325 miliardi di dollari di capitalizzazione.
L’emorragia maggiore è quella di Facebook, ma perdite massicce le ha subite anche Amazon colpita di nuovo dagli attacchi via tweet di Trump, tornato ad accusare il gigante dell’e-commerce di arricchirsi alle spalle degli americani, in particolare usando i postini del servizio pubblico come fattorini delle sue consegne private.
Colpisce la spregiudicatezza di un presidente che attacca un’azienda facendola crollare in Borsa, ma colpisce ancor più il cambiamento della percezione di Trump in campo economico e diplomatico. Nel 2017 beniamino di Wall Street con una riforma fiscale molto favorevole alle imprese (soprattutto tecnologiche). Mentre in politica estera si susseguivano le mosse improvvisate, umorali, senza una visione strategica.
All’inizio della primavera del 2018 il caos diplomatico perdura, gli organi di governo e di consulenza della presidenza sono stati quasi tutti azzerati e faticano ad essere ricostituiti, ma si diffonde la sensazione che le spregiudi- cate e spesso contraddittorie scorribande dialettiche del presidente stiano producendo, assieme a situazioni piuttosto rischiose, anche alcuni risultati politici concreti per gli Stati Uniti. La Cina per la prima volta è costretta sulla difensiva quanto a pratiche commerciali scorrette e abuso della proprietà intellettuale, mentre la Corea del Sud firma un accordo commerciale molto favorevole agli Stati Uniti. E poi gli attacchi militari contro il regime di Assad che in Siria ha usato di nuovo i gas, senza rappresaglie da parte russa o siriana.
Ultima pagina, quella di Mosca: ieri la conferma che Trump, parlando al telefono con Putin il 20 marzo scorso, ha ipotizzato un vertice russoamericano a breve, da tenere forse addirittura alla Casa Bianca. Un sogno per Putin che insegue Trump da quando si è insediato, proponendogli incontri anche in territorio «neutrale». Ma subito dopo quel colloquio Trump ha deciso personalmente la maggiore ondata di espulsioni di diplomatici russi dalla Guerra fredda a oggi.
Apparenti contraddizioni che si spiegano col debole per spregiudicate politiche del doppio binario di un leader che ricorre sempre a logiche da mediatore d’affari: ha bisogno di negoziare con la Cina per contenere il coreano Kim, ma intanto l’attacca sul piano commerciale. Vuole negoziare con Putin ma intanto mena fendenti perché così crede di andare al tavolo da posizioni di forza. Fa l’accordo commerciale con l’alleato sudcoreano e regala la riforma fiscale alle imprese Usa, ma poi deve galvanizzare il suo elettorato dell’america delle fabbriche arrugginite. E allora rinvia l’attuazione di quell’intesa e attacca Amazon che, automatizzando la distribuzione, può essere dipinta come una vorace mangiatrice di posti di lavoro.