Berlusconi avverte «aria di governo» E Tajani rivendica: FI non farà scegliere i suoi ministri ad altri
ROMA Vede le difficoltà Silvio Berlusconi, ne è conscio e le mette in fila: chi potrebbe essere il prossimo premier tra i due litiganti Matteo Salvini e Luigi Di Maio; che ruolo si prevede per Forza Italia; quali programmi potranno davvero essere messi nero su bianco. Ma chi gli ha parlato in queste ore, mentre ricarica le batterie in Sardegna, lo ha trovato piuttosto convinto che «c’è aria di governo».
In qualche modo, pensa l’ex premier, alla fine un tentativo per far nascere un esecutivo si farà, per più di una ragione. La prima è che Salvini e Di Maio stanno stringendo rapporti reali: si confrontano, valutano, e se già non trattano poco ci manca. I due — al di là delle frecciate pubbliche — parlano un linguaggio simile, non sono lontani. Presto si incontreranno, il lavorìo degli sherpa è intenso, e dal faccia a faccia molto si capirà. Anche perché Salvini, pensa Berlusconi, non è più così tentato dal voto subito: i sondaggi, l’aria che tira, dimostrano che «non ci sarebbero grossi cambiamenti nel peso dei partiti se si tornasse alle urne», e non è detto che gli italiani premierebbero chi non ha saputo assicurare un governo al Paese.
Ragioni per cui bisogna andare a vedere le carte sia dell’alleato, sia del Movimento Cinque Stelle. Del primo, Berlusconi sembra ancora fidarsi: «Matteo mi ha assicurato che non si muove senza di noi, e che non accetterà veti nei nostri confronti. D’altronde, anche lui sa che se va per conto suo all’abbraccio con Di Maio, ne esce soffocato». Sul M5S poi «è un bene che anche loro si sottopongano alla prova delle istituzioni. Troppo facile vivere in una campagna elettorale permanente: devono essere messi alla prova, e l’occasione — dalle consultazioni in poi — è adesso. Vediamo come si muoveranno». Quindi FI prova a far parte del gioco. Senza chiudersi a riccio, ma anche senza lasciarsi chiudere in una ridotta che sarebbe «la fine» del partito. Come ieri hanno detto quasi in coro le due capigruppo del partito Anna Maria Bernini e Mariastella Gelmini, insomma, una forza «responsabile» deve essere aperta al dialogo, ma «niente veti, niente forzature, niente preclusioni».
Lo dice con molta nettezza Antonio Tajani: «Nessuna conventio ad excludendum. Non si pensi nemmeno che FI accetterà di farsi scegliere gli eventuali ministri del governo da chicchessia, magari mandando figure inesperte che rischierebbero di essere in sudditanza psicologica rispetto ai Salvini e ai Di Maio, o peggio ancora “tecnici di area” mentre gli altri indicano politici. Noi non siamo paria. Berlusconi va riconosciuto, perché i nostri voti — che hanno la stessa legittimità di quelli di tutti gli altri — sono stati presi sotto a un simbolo in cui campeggiava la scritta “Berlusconi”. Non veniamo da nulla, non rinunciamo a noi stessi». E «essendo la prima coalizione, chiediamo che il premier sia espresso dal centrodestra».
Posizione questa che sarà ribadita a Berlusconi domani quando si terrà un vertice a Palazzo Grazioli per mettere a punto la linea, e che Tajani potrebbe anche esporre al Quirinale se alla fine si realizzasse il desiderio del leader azzurro di averlo nella delegazione (con lui stesso, la Bernini e la Gelmini) che giovedì salirà al Colle. Si deciderà tutto domani. Andare al Quirinale per Tajani — nella veste di presidente del Parlamento europeo e senza incarichi ufficiali di partito — pone un problema di opportunità nonché di protocollo (ha lo status di capo di Stato). Ma è anche possibile che tra oggi e domani Berlusconi decida — come da tempo pensa di fare — di nominarlo non tanto coordinatore (carica troppo «di macchina», incompatibile con quella di presidente dell’europarlamento che lui vuole mantenere), quanto vicepresidente di FI. Un ruolo politico che si sommerebbe a quello di vicepresidente del Ppe, rendendo Tajani l’uomo forte del partito dopo Berlusconi, capace anche di trattare continuativamente con Salvini e Di Maio e di imporre che «non ci sia alcuna preclusione nei nostri confronti». Perché, come dice Berlusconi, di governo si può discutere. Ma «non ad ogni costo».
Le rassicurazioni
Il leader ai suoi: Matteo mi ha assicurato che non si muoverà senza di noi
La scelta
Il presidente dell’europarlamento potrebbe salire al Colle: il premier sarà del centrodestra