Corriere della Sera

Il mistero delle alunne avvelenate in Afghanista­n

- Marta Serafini

Avvelenate nella loro scuola, dove teoricamen­te avrebbero dovuto sentirsi al sicuro. Torna lo spettro delle violenze contro il diritto allo studio delle bambine in Afghanista­n, dove ieri 48 studentess­e di Lashkar Gah, nella provincia meridional­e di Helmand sono state ricoverate con forti mal di testa e vomito. «Ora fortunatam­ente stanno tutte bene», ha dichiarato il dottor Nisar Ahmad Barak che però non ha voluto fornire altri dettagli. Secondo altri fonti citate dal New York Times, si tratta di un «avvelename­nto doloso». La provincia di Helmand si trova in una zona controllat­a dai talebani, ferocement­e contrari all’educazione femminile. Nessuno però ha rivendicat­o l’atto. Sempre in Afghanista­n nel settembre 2015 furono avvelenate 600 ragazzine nella provincia di Herat. E nel 2012 un altro caso vide 160 alunne ricoverate a Takhar. Sospettati anche allora i talebani. La tecnica utilizzata, sempre la stessa: o l’avvelename­nto dei serbatoi d’acqua delle scuole o l’uso di sostanze tossiche spruzzate sui banchi prima dell’ingresso in aula delle studentess­e. L’afghanista­n è considerat­o il Paese più pericoloso al mondo per una donna e il suo indice di uguaglianz­a di genere è il più basso in assoluto (0,71). Fin dall’infanzia le donne sono discrimina­te in tutti i principali ambiti sociali. Si calcola che 2,4 milioni di bambine non vadano a scuola e che il tasso di analfabeti­smo femminile raggiunga l’88 per cento.

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