Lascia il figlio in auto, poi lo scoppio in fabbrica Morto con il collega
La tragedia il giorno di Pasqua nella Bergamasca
BERGAMO Aveva comprato una moto, di recente, Gian Battista Gatti, per riprendere la passione di un tempo, ma non era mai riuscito a usarla come avrebbe voluto. «Sempre in azienda a lavorare», racconta la moglie Federica. La reperibilità per lui era quasi la norma, come tecnico manutentore e responsabile della sicurezza alla Ecb di Treviglio, nella Bergamasca. Giuseppe Legnani, sei anni di più, era legatissimo al collega: aveva meno esperienza di lui in ditta, riconosceva le sue capacità e il suo ruolo, lo seguiva appena poteva. «Quando arrivava la telefonata di Gian Battista lui partiva», ha raccontato ieri il figlio Diego. Insieme i due tecnici sono morti sul colpo nell’esplosione di un serbatoio di farina in essiccazione nella loro azienda: la deflagrazione alle 10 del giorno di Pasqua.
Giorno di riposo, di festa e di fede per tanti, giorno di lavoro per Gatti e Legnani, di Treviglio e di Casirate, 51 e 57 anni, il primo padre di una figlia di 21, Milena, e un figlio di 10; il secondo aveva due figli, Federico di 22 e Diego di 21. È quest’ultimo a raccontare: «Succedeva spesso che papà fosse chiamato a sistemare qualcosa, di notte, di giorno, non c’erano orari o festivi. L’ho visto l’ultima volta sabato sera, non ho più potuto salutarlo. Avrei voluto fare tante altre cose con lui, tra un anno sarebbe andato in pensione. Avrebbe potuto togliersi qualche sfizio, finalmente, anche se il suo lavoro gli piaceva molto».
Capitava che i due colleghi ci mettessero anche più impegno del dovuto, per scrupolo, o forse perché a volte sono gli stessi dipendenti a sentire la fabbrica come qualcosa che appartiene un po’ anche a loro. È successo pure a Pasqua. Alle 7 del mattino, anche se non c’era stato ancora nessun allarme, si sono trovati in azienda per un controllo di routine. Tutto nella norma, poi hanno bevuto un caffè insieme al bar e sono tornati a casa. Due ore e mezza dopo è arrivata la chiamata di un dirigente: i residenti della zona sentivano uno strano odore venire dall’azienda. Gatti, che era in auto con il figlio di 10 anni, non si è preoccupato più di tanto, ha portato con sé il piccolo fino al parcheggio fuori dallo stabilimento, e l’ha lasciato in macchina. Legnani l’ha raggiunto e insieme sono entrati nell’area dei serbatoi per le farine. Hanno capito che nell’essiccatoio c’era un processo di combustione in corso, anomalo. Ma dopo pochi minuti un’esplosione li ha uccisi: è un mistero tutto da approfondire, affidato al pubblico ministero di Bergamo Fabio Pelosi.
Avevano pensato semplicemente di potersi salutare un’altra volta e di tornare alla Pasqua in famiglia, i due colleghi: di rientrare nelle loro case, piuttosto semplici, una in campagna a Casirate, l’altra in un caseggiato alla periferia di Treviglio. Ci erano già tornati dopo il controllo alle 7 del mattino. È andata diversamente, sono morti lavorando.
Eppure nessuno dei due aveva particolari preoccupazioni per eventuali rischi. «Gian Battista diceva sempre che la sua era una ditta sicura — ricorda la sorella Cristina —, che tutto era a norma. Anche il cambio di proprietà (la recente cessione al gruppo tedesco Saria, ndr) non aveva comportato cambiamenti. Invece se n’è andato così: mio fratello era un uomo buono, più grande di me, si era un po’ sostituito a nostro padre, che avevamo perso quando eravamo piccoli».
Il ricordo
«Spesso veniva chiamato di notte o nei festivi. Fra un anno lo aspettava la pensione»