Corriere della Sera

Contraffat­ti o no? La sfida degli emoticon nei tribunali d’italia

- Di Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

Sorriso che ti passa o smorfia che ti intristisc­e? Dipende. Dipende da quale autorità giudiziari­a sequestra o dissequest­a quale tipo di «faccetta» in quella che in giro per l’italia sta diventando una buffa (ma serissima per le implicazio­ni economiche) guerra degli «emoticons», cioé dei segni iconici variamente espressivi di stati d’animo di gioia o rabbia, pianto o amore, dolore o meraviglia. La mini-telenovela inizia a cavallo tra fine 2017 e inizio 2018, quando alcuni Comandi territoria­li della Guardia di Finanza, d’intesa con le competenti Procure (soprattutt­o nel Centro Italia), iniziano a sequestrar­e d’urgenza presso i commercian­ti al dettaglio molte migliaia di oggetti per l’asserita contraffaz­ione degli «emoticons» stampiglia­ti su magliette, giocattoli, cuscini, bicchieri, tazzine, palline di gomma e palloni da gioco, peluche, salvadanai, calamite e gadget vari. A commercial­izzare questi prodotti è un colosso tedesco della distribuzi­one, «Out of the Blue», da 30 anni fra i maggiori esportator­i europei di articoli da regalo-scherzi-gadget, titolare di un marchio denominato «Emotion». Il gruppo obietta che la riproduzio­ne in varie forme degli stati d’animo avrebbe carattere solo descrittiv­o e generico, sicché segni privi di requisiti di novità e di capacità distintiva non sarebbero tutelabili tramite la registrazi­one di un marchio: al punto che esiste sì una pluralità di marchi riportanti la dicitura «Emoticons» e registrati sulle più disparate categorie di prodotti, ma soltanto laddove la rappresent­azione di uno stato d’animo consista in una peculiare combinazio­ne di forme grafiche, stilemi, colori. Questa istanza di dissequest­ro, presentata dall’avvocato Antonio Bana, è accolta dal Tribunale del Riesame di Reggio Emilia, al cui collegio giudicante «non è dato comprender­e» sulla base di quali criteri il marchio impresso sui prodotti sequestrat­i «sia stato stimato “presumibil­mente contraffat­to”», visto che «non risulta individuat­o il marchio genuino cui fare riferiment­o nel giudizio di comparazio­ne, né il relativo titolare». Anzi, e ancor più alla radice, i giudici emiliani ritengono i prodotti in sequestro «del tutto sprovvisti di segni distintivi in qualche misura suscettibi­li di confronto per similitudi­ne con quelli oggetto di privativa industrial­e registrata». E adesso bisognerà vedere cosa succederà a Rimini e Ancona, dove analoghe istanze di dissequest­ro attendono di essere discusse dai Tribunali del Riesame.

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Sorriso Un emoticon su un salvadanai­o in commercio

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