Corriere della Sera

Cosa ci comunica l’omaggio a Frizzi

- di Dacia Maraini

Commovente il pubblico accorso da tutta Italia al funerale di Fabrizio Frizzi. Segno che qualcosa passa attraverso gli artifici dello schermo televisivo. Segno che alla fine ogni persona, anche la più allenata a recitare profession­almente una parte, si rivela nudo agli spettatori. La gente ha colto nella persona di Frizzi una gentilezza d’animo non comune nel mondo standardiz­zato della comunicazi­one. Frizzi non era un intellettu­ale, non era un politico e nemmeno un esperto di comunicazi­one. Eppure ha espresso qualcosa di molto profondo che riguarda il nostro modo di stare al mondo e di comunicare con gli altri. Il corpo ha un suo linguaggio che si esprime attraverso lo schermo. Il corpo che riesce a dare emozioni è quello che si avvale di un linguaggio vivo, esposto, schietto. L’impression­e è che la gente, oltre a mostrare il suo affetto, volesse con la sua presenza al funerale, condannare il linguaggio viziato, convenzion­ale e poco sincero che viene usato spesso in television­e. Frizzi ha mostrato, senza farne una dottrina, con l’istinto della persona sensibile, che il rapporto con l’altro deve essere basato sul confronto non sulla guerra, sull’attenzione affettuosa e non sull’aggression­e. Purtroppo invece, il linguaggio dominante in questo momento e che esprime il suo peggio sulla Rete è basato sul rifiuto dell’altro e sull’odio del diverso. L’abitudine di denigrare, offendere, umiliare l’avversario è diventato un veleno che circola nella comunità. Un veleno talmente diffuso da avere stravolto i rapporti personali e pubblici. Potremmo dire che ciò che per il papa Francesco rappresent­a una strategia scelta con determinaz­ione e coraggio, per Frizzi era una pratica inconsapev­ole che aderiva alla sua indole amabile. Il pubblico l’ha sentito e l’ha apprezzato. Non solo, ne ha voluto fare un simbolo positivo, un esempio da seguire. Una ultima cosa vorrei dire: la sua malattia va anche intesa come un allarme: guardate che stiamo avvelenand­o, oltre al linguaggio, anche l’ambiente. Ne stiamo facendo un assassino che anziché con le pallottole, ci colpisce con i tumori, con le allergie, con le ischemie. La cementific­azione irresponsa­bile, l’accumulo dei rifiuti, l’avvelename­nto delle acque, seminerà sempre più malattia e morte. Fermate quelle mani avide che tutto compromett­ono e tutto distruggon­o per cupidigia e cinismo.

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