«Imprese del Sud dinamiche Spinta a distretti e aree speciali»
La Malfa: la politica cambi gli interventi. Basta con agevolazioni a pioggia
La Campania ha approvato in queste ore la prima Zes, Zona economica speciale, che interesserà 37 Comuni della regione. Sono previsti maxisgravi fiscali per favorire nuovi investimenti. «Si va nella direzione giusta», dice Giorgio La Malfa, che fa una sola osservazione: «Forse gli interventi potrebbero essere più concentrati». L’idea delle Zes prende spunto anche da un suggerimento avanzato dalla Fondazione Ugo La Malfa, che nei prossimi giorni presenterà il settimo rapporto su «Le imprese industriali del Mezzogiorno, 2008-2016», realizzato in collaborazione con l’area studi di Mediobanca.
«L’aspetto più nuovo e sorprendente che emerge dal Rapporto», spiega La Malfa, «è che le medie imprese del Sud presentano la stessa competitività di quelle del “quarto capitalismo”: sono efficienti, danno buoni risultati». Perciò «risulta falsa la tesi che nel Mezzogiorno non si può fare impresa: non siamo in un deserto, se pianti gli alberi e li coltivi crescono bene». Di conseguenza «si possono adottare politiche più utili e mirate rispetto a quelle generiche». Le Zes ne sono un esempio e quella campana potrebbe essere approvata in tempi brevi dal governo in quanto provvedimento ordinario. In secondo luogo sarebbe possibile «favorire un’”immigrazione” di aziende dal Nord, con un “gemellaggio” fra distretti dell’italia centro-settentrionale e zone del Sud, una o due per regione». I benefici per gli insediamenti «ricchi» di unità produttive, come per esempio Brescia o Padova, sarebbero diversi. «Le imprese del Nord non trovano manodopera qualificata, disponibile invece nel Mezzogiorno dove ci sono scuole e università di eccellenza. E data l’assimilabile redditività delle medie aziende “aprire” nel Mezzogiorno può essere vantaggioso». Certo, «tutto ciò richiede un dialogo fra autorità e associazioni degli industriali e la predisposizione delle condizioni necessarie in termini di infrastrutture e comunicazioni».
La convergenza negli indici economici fra medie imprese si osserva in particolare nella riduzione dell’incidenza del costo del lavoro sul valore aggiunto. Nel Mezzogiorno fra il 2008 e il 2015 (e si hanno uguali evidenze anche per il periodo successivo) è passata dal 77,2% al 69,6%: il Sud arriva così a eguagliare in competitività il totale Italia (Meridione escluso) il cui indice finale è pari al 69,3% e presenta dati migliori rispetto al Nord (68,3% Ovest, 70,1% Est e Centro). Nel Mezzogiorno la riduzione è stata di oltre 7 punti, nel resto del Paese intorno a 3. Un dato di fatto, anche se ciò è stato favorito fra l’altro da incentivi e costo minore del lavoro. Per contro — ragione in più secondo La Malfa per ripensare gli interventi — sorprende pure la dinamica delle medie imprese meridionali, già «rare» rispetto all’universo nazionale del quarto capitalismo (siamo intorno al 7-8%): fra il 2008 e il 2015 in Italia le aziende di medie dimensioni sono passate da 4.109 a 3.376, con un calo del 17,8%; nel Mezzogiorno sono diminuite da 361 a 265, del 26,6%. Gli alberi sono pochi. E talvolta fragili. Ma qualcosa si muove e restare a guardare o ragionare con schemi tradizionali sarebbe un’occasione persa.