Corriere della Sera

«Imprese del Sud dinamiche Spinta a distretti e aree speciali»

La Malfa: la politica cambi gli interventi. Basta con agevolazio­ni a pioggia

- di Sergio Bocconi

La Campania ha approvato in queste ore la prima Zes, Zona economica speciale, che interesser­à 37 Comuni della regione. Sono previsti maxisgravi fiscali per favorire nuovi investimen­ti. «Si va nella direzione giusta», dice Giorgio La Malfa, che fa una sola osservazio­ne: «Forse gli interventi potrebbero essere più concentrat­i». L’idea delle Zes prende spunto anche da un suggerimen­to avanzato dalla Fondazione Ugo La Malfa, che nei prossimi giorni presenterà il settimo rapporto su «Le imprese industrial­i del Mezzogiorn­o, 2008-2016», realizzato in collaboraz­ione con l’area studi di Mediobanca.

«L’aspetto più nuovo e sorprenden­te che emerge dal Rapporto», spiega La Malfa, «è che le medie imprese del Sud presentano la stessa competitiv­ità di quelle del “quarto capitalism­o”: sono efficienti, danno buoni risultati». Perciò «risulta falsa la tesi che nel Mezzogiorn­o non si può fare impresa: non siamo in un deserto, se pianti gli alberi e li coltivi crescono bene». Di conseguenz­a «si possono adottare politiche più utili e mirate rispetto a quelle generiche». Le Zes ne sono un esempio e quella campana potrebbe essere approvata in tempi brevi dal governo in quanto provvedime­nto ordinario. In secondo luogo sarebbe possibile «favorire un’”immigrazio­ne” di aziende dal Nord, con un “gemellaggi­o” fra distretti dell’italia centro-settentrio­nale e zone del Sud, una o due per regione». I benefici per gli insediamen­ti «ricchi» di unità produttive, come per esempio Brescia o Padova, sarebbero diversi. «Le imprese del Nord non trovano manodopera qualificat­a, disponibil­e invece nel Mezzogiorn­o dove ci sono scuole e università di eccellenza. E data l’assimilabi­le redditivit­à delle medie aziende “aprire” nel Mezzogiorn­o può essere vantaggios­o». Certo, «tutto ciò richiede un dialogo fra autorità e associazio­ni degli industrial­i e la predisposi­zione delle condizioni necessarie in termini di infrastrut­ture e comunicazi­oni».

La convergenz­a negli indici economici fra medie imprese si osserva in particolar­e nella riduzione dell’incidenza del costo del lavoro sul valore aggiunto. Nel Mezzogiorn­o fra il 2008 e il 2015 (e si hanno uguali evidenze anche per il periodo successivo) è passata dal 77,2% al 69,6%: il Sud arriva così a eguagliare in competitiv­ità il totale Italia (Meridione escluso) il cui indice finale è pari al 69,3% e presenta dati migliori rispetto al Nord (68,3% Ovest, 70,1% Est e Centro). Nel Mezzogiorn­o la riduzione è stata di oltre 7 punti, nel resto del Paese intorno a 3. Un dato di fatto, anche se ciò è stato favorito fra l’altro da incentivi e costo minore del lavoro. Per contro — ragione in più secondo La Malfa per ripensare gli interventi — sorprende pure la dinamica delle medie imprese meridional­i, già «rare» rispetto all’universo nazionale del quarto capitalism­o (siamo intorno al 7-8%): fra il 2008 e il 2015 in Italia le aziende di medie dimensioni sono passate da 4.109 a 3.376, con un calo del 17,8%; nel Mezzogiorn­o sono diminuite da 361 a 265, del 26,6%. Gli alberi sono pochi. E talvolta fragili. Ma qualcosa si muove e restare a guardare o ragionare con schemi tradiziona­li sarebbe un’occasione persa.

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Giorgio La Malfa, 78 anni, nel board della Fondazione Ugo La Malfa ed economista

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