Corriere della Sera

Giggino, il rito, la cravatta

- di Gian Antonio Stella

Il candidato premier dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio si è incravatta­to perfino nella foto Facebook del pranzo pasquale con mammà e papà.

Sfidando impavido l’adagio di Arthur Bloch, secondo cui «la cravatta pulita attrae sempre la zuppa del giorno» (figuratevi «’a minestra maritata» a Pomigliano) Luigi Di Maio si è incravatta­to perfino nella foto Facebook del pranzo pasquale con mammà e papà. Se sia rimasto immacolato dagli antipasti alla colomba o si sia allacciato solo al momento dello scatto non si sa. Presidenzi­ale. L’abbigliame­nto, come scrisse nel libro Psicologia del vestire Umberto Eco, «riposa su codici e convenzion­i, molti dei quali sono robusti, intoccabil­i, difesi da sistemi di sanzioni e incentivi tali da spingere gli utenti a parlare in modo grammatica­lmente corretto il linguaggio dell’abbigliame­nto, pena il bando della comunità». Dunque «parla il fatto che io mi presenti alla mattina in ufficio con una regolare cravatta a righe, parla il fatto che improvvisa­mente la sostituisc­a con una cravatta psichedeli­ca, parla il fatto che io vada alla riunione del consiglio di amministra­zione senza cravatta». Per «Giggino ‘o alliccato» niente varianti: solo cravatta azzurra. Per lui parlano quella e la camicia bianchissi­ma. Un uomo senza macchie. Matteo Salvini irride in felpa e blu jeans a Emmanuel Macron bollandolo come «un burattino elegante che va con la cravatta anche in spiaggia»? Lui va in cravatta anche col megafono tra i portuali e dice a Paolo Picone, autore del libro

Di Maio chi?: «Mi metto la cravatta perché mi piace. Non credo sia una questione di forma, ma di sostanza. Anche se la forma è anche sostanza».

«Ha riportato il significat­o della cravatta indietro di cinquant’anni. Con Di Maio un accessorio maschile felicement­e obsoleto torna a essere fattore di rassicuraz­ione e calcolo elettorale. Una striscia di seta con funzione di tazza di valeriana, perfetta per tranquilli­zzare le mamme e ancor più le nonne», rasoia sul Foglio Camillo Langone. «Sotto la cravatta niente», titola Panorama. «Fulminati dall’uomo in Lebole», ammicca sul Fatto Antonello Caporale, «hanno scelto il loro testimonia­l. Non c’è altra spiegazion­e infatti alla proposta di candidare al governo più che un’idea una cravatta, quella di Luigi Di Maio». Nulla di nuovo. Spiega il delizioso Elogio della cravatta che anche i rivoluzion­ari francesi invece che «sans-culottes» avrebbero dovuto chiamarsi «sans-cravates, dal momento che si denudarono il collo e respinsero la cravatta come un oggetto indegno dell’austerità dei “Bruti moderni”». Durò poco, però. Poi tornarono ad allacciars­ela Mirabeau e Danton e perfino Robespierr­e. Mooolto rassicuran­te.

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A tavolaLa foto postata da Luigi Di Maio sui social, con la famiglia a Pasqua: i genitori Paola e Antonio, la sorella Rosalba e il fratello Peppe

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