Il Quirinale parte dai programmi La strategia per favorire un’intesa
Mattarella avvia il suo primo sondaggio mettendo in conto anche due mesi
Vorrà accertare l’esistenza di una maggioranza, certo, perché è il nodo centrale delle consultazioni. Ma dato che i partiti si trascinano ancora in un gioco di veti incrociati, cortine fumogene e tatticismi sui nomi dei candidati premier che al momento rendono complicata qualsiasi ipotesi di alleanza, si farà «portavoce delle esigenze degli italiani». Chiederà dunque alle forze politiche, specie se metteranno in scena anche davanti a lui il muro contro muro visto nei giorni scorsi, almeno delle proposte e indicazioni programmatiche per assicurare al Paese un governo all’altezza dei problemi che ci attanagliano.
Ecco la chiave di lavoro che Sergio Mattarella ha studiato per oggi, quando comincerà il consulto al Quirinale per insediare un nuovo esecutivo. Una sorta di strategia del pungolo, chiamiamola così. Un modo concreto, e non soltanto una sfumatura, per misurare irriducibili distanze o possibili convergenze fra vincitori e vinti del 4 marzo. Nella speranza che alla fine — e proprio a partire dai programmi — nasca un’intesa in grado di reggere saldamente.
Non metterà fretta ai suoi interlocutori, il presidente. È consapevole che serve tempo prima che possano decantare le tensioni delle ultime settimane. Perciò ha messo in preventivo addirittura un paio di mesi per chiudere la partita: dopotutto la Germania ne ha impiegati sei per risolvere la propria crisi con una grande coalizione. Ma questa è per lui una scadenza limite. Se infatti le forze politiche si estenueranno in un confronto inconcludente (e c’è chi, per i toni da campagna elettorale che continua a usare, sembra davvero puntare a un ravvicinato voto-bis più che a trovare un successore a Paolo Gentiloni), rischiamo di trovarci senza un inquilino con pieni poteri a Palazzo Chigi quando scatteranno alcuni appuntamenti delicati.
Anzitutto l’imminente presentazione del Documento di economia e finanza (Def), sul quale Bruxelles ci aspetterà, sì, ma con impazienza. E poi la consultazione amministrativa del 10 giugno, in cui saranno coinvolti oltre 700 Comuni. Il tutto mentre nelle ultime due domeniche di questo mese si dovranno svolgere le elezioni regionali di Molise e Friuli-venezia Giulia.
Insomma: per Mattarella non è davvero il caso di sovrapporre ulteriori tensioni politiche a quelle che ancora serpeggiano in questa lunga coda post-voto. Senza contare il peso che avrà l’appuntamento al Consiglio europeo del 28 e 29 giugno, cruciale sui temi sensibili per la riforma dell’unione. Appuntamento al quale sarebbe increscioso che l’italia, Paese fondatore, non si trovasse politicamente «attiva» fin dalle settimane preparatorie.
Che aspettative ha il capo dello Stato, su questo primo giro dei partiti al Quirinale? Non molto differenti da quelle di un sondaggio preliminare (al quale seguirà una pausa di riflessione), in cui vuole che a parlare siano i suoi interlocutori.
Ed è curiosa, a questo proposito, l’insistenza del «reggente» del Pd, Maurizio Martina, che fino a ieri sera insisteva a ripetere: «Aspettiamo di sentire quello che avrà da dirci Mattarella». Casomai è vero il contrario. È lui che dovrà parlare. Spiegando in che direzione possano maturare i tormenti del Partito democratico dopo la cocente sconfitta alle urne e le dimissioni di Matteo Renzi dalla segreteria.
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