Corriere della Sera

Perché i 2.600 assegni per gli ex parlamenta­ri sono diventati un

- Renato Benedetto

1 Perché si parla di vitalizi? Non erano stati aboliti?

Sono stati cancellati sei anni fa eppure non hanno mai smesso di essere al centro del dibattito politico. Perché i vitalizi sono stati sì superati alla fine del 2011 — al governo Mario Monti; Gianfranco Fini e Renato Schifani presiedeva­no Camera e Senato —, ma la riforma vale solo dal 2012 in poi: per la pensione dei deputati e senatori eletti dopo quella data si applica il sistema contributi­vo, come, in sostanza, a un qualsiasi dipendente pubblico. Per quanti hanno occupato un seggio in Aula a cavallo del 2012 il sistema è misto: all’assegno maturato fino al 31 dicembre 2011, con il vecchio vitalizio, si aggiunge la parte del contributi­vo. E restano in piedi tutti i vitalizi degli ex parlamenta­ri: è sopratutto di questi che si parla adesso. Sono loro nel mirino delle ultime riforme mancate e delle promesse del Movimento dopo le elezioni del 4 marzo.

2 Quanti sono gli ex parlamenta­ri e quanto percepisco­no?

Sono circa 2.600, tra ex deputati ed ex senatori. La spesa nel 2018 — secondo i dati forniti dal presidente dell’inps Tito Boeri — dovrebbe raggiunger­e il picco di 207 milioni di euro (a fronte di 37 milioni di contributi versati). Per poi scendere, naturalmen­te, negli anni (nel grafico). Un termine di paragone? La spesa complessiv­a della Camera, nelle previsioni per il 2018, è di 968 milioni, quella del Senato di 551 milioni. Certo, rappresent­a circa lo 0,2 per mille della spesa pubblica, ma non è solo di risparmi che si parla. La questione è morale: «Deputati o senatori, magari per un anno, in pensione da tempo per 2-3 mila euro mensili? È immorale», tuona Matteo Salvini. A quanto ammontano gli assegni? A parte il record di Publio Fiori, unico oltre i 10 mila euro, in media si va dai 2 ai 4 mila euro al mese.

3 Quanto prende di pensione ora un deputato?

La pensione dei parlamenta­ri eletti dopo il 2012 è sostanzial­mente simile, nel funzioname­nto, a quella dei lavoratori pubblici. Sistema contributi­vo: si prende in base a quanto si è versato. Come i dipendenti statali, deputati e senatori pagano contributi per l’8,8% dello stipendio, mentre il datore (Camera o Senato) versa il 24,2. Dopo una legislatur­a un parlamenta­re matura un assegno di quasi 1.000 euro (nette), che diventano 1.500 dopo due mandati e 2.100 dopo tre legislatur­e. Cifre considerev­oli, certo, ma l’indennità di un deputato (base) è di 10.435 euro, la differenza rispetto a un lavoratore ordinario sta nello stipendio: versa tanto e ottiene tanto. Di privilegio resta l’età: un parlamenta­re riceve l’assegno a 65 anni (60 con due legislatur­e) meno dei 66 anni e 7 mesi delle pensioni di anzianità. C’è poi qualche dettaglio tecnico, «i coefficien­ti di trasformaz­ione sono leggerment­e più favorevoli e non è previsto il tetto di 100 mila euro sulla base imponibile — spiega Simone Ferro su Lavoce.info —. Al di là di questo, però, il sistema è identico a quello vigente per i lavoratori ordinari».

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Come si può intervenir­e sui vitalizi?

È contro gli ex che si combatte: come ridurre l’assegno? Ci aveva provato il Movimento, su proposta di Roberta Lombardi. Poi il Pd aveva presentato il testo Richetti: oltre a riallinear­e l’età della pensione dei parlamenta­ri di oggi, voleva ricalcolar­e i vecchi vitalizi in base al sistema contributi­vo. Con un taglio stimato, per il 2018, di 82 milioni. Su questo testo si erano allineati Pd, 5 Stelle, Lega, FDI e Scelta civica. La proposta si è arenata, ed è morta, al Senato. Attaccata anche dal Pd, con Ugo Sposetti in testa: «È

incostituz­ionale, intacca diritti acquisiti». Lo stesso ex presidente della Consulta, Valerio Onida, nel 2017 avvertiva: «Potrebbero risultare incostituz­ionali le norme che riducono fortemente l’importo dei vitalizi già in essere». Questo il nodo che si troverà davanti il Movimento, che pensa di agire non per legge ma con una delibera dell’ufficio di presidenza.

5 Intanto qualcosa è stato fatto?

Sì, dei tagli. C’erano nel triennio 2014-216 e sono stati approvati anche nel 2017: per tre anni i vitalizi subiranno una sforbiciat­a (contributo di solidariet­à) del 10% se sopra i 70 mila euro annui, del 30% sopra i 90 mila e del 40 sopra i 100 mila. Contrario M5S («è una supercazzo­la» per Di Maio) che votò contro. Poi, per iniziativa degli ex presidenti Grasso e Boldrini, è prevista la sospension­e del vitalizio per gli ex parlamenta­ri condannati per reati gravi.

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