Netanyahu sotto pressione cancella il patto sui migranti
GERUSALEMME Sono bastate 6 ore e 45 minuti per sospendere l’accordo, una ventina — meno di un giorno intero — per cancellarlo del tutto. Benjamin Netanyahu cede alle pressioni dei leader politici più populisti nella sua coalizione e soprattutto agli arrabbiati di Facebook che sulla pagina ufficiale del primo ministro hanno riversato il disprezzo per quell’intesa con le Nazioni Unite.
Per mesi il governo di destra aveva promesso che tutti i 35 mila «infiltrati» — così li definisce la legge israeliana — sarebbero stati espulsi il primo aprile. Invece lunedì pomeriggio il premier si è presentato davanti alle telecamere con quello che secondo i suoi elettori era un «pesce» di cattivo gusto: 16.520 migranti sudanesi ed eritrei sarebbero stati ricollocati in Paesi occidentali attraverso un meccanismo definito dall’alto commissariato per i rifugiati, altrettanti sarebbero rimasti in Israele.
Troppi. Perché anche uno solo sarebbe di troppo per gli estremisti che protestano nel sud di Tel Aviv, dove la maggior parte dei clandestini africani prova a vivere. Adesso il premier torna a garantire la deportazione di massa. Ha bisogno dell’appoggio degli alleati mentre le tensioni nella Striscia di Gaza continuano: ieri un palestinese che si avvicinava alla barriera è stato ucciso dai militari, per venerdì sono previste nuove proteste.
Il primo ministro aveva elencato — per poi precisare «solo un esempio» — l’italia e la Germania tra le nazioni pronte a ospitare i rifugiati. Anche se i rispettivi ministeri degli Esteri hanno smentito, l’unione Europea ricorda che «la migrazione è una questione globale» e richiama — un richiamo per Israele — «tutti i Paesi a rispettare i loro impegni verso i richiedenti asilo». Gli eritrei sono scappati— contrabbandati dai beduini a marce forzate attraverso il Sinai egiziano — dalla dittatura che ad Asmara li costringe a prestare il servizio militare senza data di scadenza, schiavi in divisa.
Le Nazioni Unite ancora sperano che Netanyahu «riconsideri» la sua decisione contro i 35 mila clandestini. Che — calcolano le associazioni benefiche israeliane — rappresentano meno della metà dell’1 per cento della popolazione dello Stato ebraico.