«Vogliono il mio arresto: a ogni costo»
L’ex direttore Can Dündar e il mandato di cattura internazionale: «È un ricatto all’europa»
nelle famigerate carceri di Silivri, poi temporaneamente scarcerato dalla Corte costituzionale turca, Dündar ha subito il 9 marzo scorso una condanna in appello. Dovrà scontare tra 15 e 20 anni in prigione per aver ottenuto documenti confidenziali dello spionaggio militare. E ora, il mandato di cattura. «L’interpol rigetti la richiesta turca, basata su una sentenza politica», ha commentato Reporters Sans Frontières.
Can Dündar, come ha accolto la notizia?
«Era attesa, purtroppo. Arriva dopo una lunga serie di vicende giudiziarie che mi riguardano. Ho raccontato una storia che ha fatto paura. Le autorità turche semplicemente ci riprovano. Chiedono all’interpol di arrestarmi, sperando che stavolta lo faccia».
d L’interpol ha già scelto di non inserirmi nella lista dei ricercati Tornerei in Turchia se il sistema giudiziario fosse indipendente
Teme che questa volta l’interpol possa cedere?
«L’interpol ha già scelto di non inserirmi nella lista dei ricercati, quella in cui, per intenderci, stava il leader catalano Puigdemont. Ma non sai mai con certezza se intendono metterti in lista. Io so di non esserlo, ad oggi, per una semplice ragione: se lo fossi mi avrebbero già arrestato».
Si considera a rischio estradizione?
«In una situazione normale non dovrei correre alcun rischio. Tutti sanno che il mio crimine è stato solo di aver raccontato una storia, che ha In esilio fatto paura. Una mia cattura sarebbe contro tutti i diritti umani. D’altra parte, però, la Turchia di oggi è usa a molti accordi sporchi. Erdogan li ama, ama ricattare i governi. Oggi i giornali filogovernativi davano la notizia che il MIT sarebbe pronto a un’operazione in Germania per prelevarmi e portarmi in Turchia».
Lo ritiene possibile?
«Se lo facessero sarebbe un suicidio diplomatico per la Turchia, un danno alle relazioni con la Germania e all’immagine internazionale del Paese. Se in Turchia ci fosse ancora la legalità, a farmi giudicare ci andrei io stesso. Ma il sistema giudiziario è tutto nelle mani di Erdogan. I non smetterò di parlare. I criminali sono loro. Sono loro che dovrebbero stare nella lista dell’interpol, non io».