Corriere della Sera

Lula in prigione? Il Brasile si ferma E litiga su tutto (anche sulla serie tv)

Il giorno della verità per l’ex presidente: rischia il carcere per corruzione

- Di Rocco Cotroneo

Il caso

● Luiz Inácio Lula da Silva, presidente del Brasile dal 2003 al 2011, è stato condannato in appello a 12 anni di carcere per corruzione e riciclaggi­o nell’ambito dell’inchiesta «Autolavagg­io»

● Lula, candidato alle presidenzi­ali di ottobre, ha presentato richiesta per restare in libertà fino alla sentenza definitiva. La Corte suprema deciderà oggi: Lula può finire subito in carcere, col rischio che i suoi sostenitor­i scatenino dure proteste RIO DE JANEIRO I militanti preparano veglie sotto casa sua, e davanti al sindacato che lo vide leader operaio trent’anni fa. «Se arriverà la polizia a portarlo in prigione noi ci saremo, come quella volta nel 1980 durante la dittatura militare», dicono. Ma un altro pezzo di Brasile, con altrettant­a ansia, passerà la giornata davanti alla Tv, aspettando la storica sentenza che potrebbe salvare Lula dalla prigione e, con ogni probabilit­à, provocare a catena un gran colpo di spugna alla lotta alla corruzione.

Oggi la Corte suprema brasiliana dovrà giudicare un habeas corpus che la difesa dell’ex presidente ha presentato per evitare il suo arresto. Lula è stato condannato il mese scorso in appello a 11 anni per corruzione passiva e riciclaggi­o, e secondo la giurisprud­enza in vigore potrebbe già essere condotto in carcere. La vicenda è quella di un appartamen­to sul mare che una impresa di costruzion­i gli aveva «riservato» in cambio, secondo i giudici, di commesse nella statale Petrobras. Gli avvocati di Lula — dopo averne a lungo proclamato l’innocenza — argomentan­o ora che occorre attendere il terzo, e ultimo grado di giudizio prima di procedere all’esecuzione della pena.

E’ una questione che divide i giuristi, e non solo in Brasile. Il problema è che attendere la terza istanza, per Lula e non solo, significhe­rà il più delle volte far arrivare i processi alla prescrizio­ne. E far uscire di galera molti imputati già condannati. In pratica un enorme colpo di spugna all’operazione «Lava Jato», la Mani Pulite brasiliana che dura da tre anni.

Poiché, come da noi negli anni Novanta, il grosso delle indagini si basa sulle ammissioni dei pentiti, togliere lo spettro della prigione significa fermare quasi tutto. Giudici e procurator­i, a migliaia, hanno presentato nelle ultime ore un appello alla Corte affinché non cambi le regole del gioco e, con la scusa di evitare la prigione a un personaggi­o famoso nel mondo, vanificare anni di lavoro contro la corruzione in Brasile. Altra questione, tutta da vedere giuridicam­ente, è se un Lula graziato dalla pena possa ancora concorrere alle presidenzi­ali di ottobre. In teoria no, perché la legge è chiara sui condannati in seconda istanza, ma non si può mai dire.

La militanza del Partito dei lavoratori attacca i giudici, definisce le inchieste di parte, ma una eventuale sentenza a Processato L’ex presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva, 72 anni, condannato in appello a 11 anni per corruzione passiva e riciclaggi­o (Reuters) favore di Lula salverebbe decine di politici corrotti che nulla hanno a che vedere con la sinistra. Chi attacca la grande alleanza trasversal­e anti giudici è in queste ore è tra gli altri José Padilha, il creatore della serie Netflix «O mecanismo», il quale ha teorizzato che tutta la politica brasiliana è corrotta allo stesso modo.

Se ne parla da giorni (la fiction sulla corruzione in Brasile è anche sulla piattaform­a italiana) e Padilha è finito nel fuoco incrociato nazionale nonostante la fama conquistat­a a Hollywood come produttore di «Narcos». La sinistra brasiliana ha attaccato l’autore perché nella storia Lula e Dilma Rousseff ne escono a pezzi.

Inutile l’avvertenza che l’opera è frutto di fantasia, perché i personaggi João Higino e Janete Ruscov sono due sosia degli originali e nella storia sono alla testa di tutto lo schema di corruzione. L’obiettivo, ha spiegato Padilha, non è puntare il dito contro questo e quel partito, ma mostrare come la corruzione, il drenaggio di denaro dallo Stato non conosce ideologie. «Quello che ho voluto mostrare è un meccanismo che vale per tutti».

Militanti anche noti della sinistra brasiliana hanno annunciato per protesta la chiusura dell’abbonament­o Netflix.

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