Quelle aziende che ora assumono meno donne
La forza dell’esperienza
Altre misure sono nate dall’esperienza e dal buon senso. «Noi abbiamo scelto di utilizzare pareti di vetro, per garantire la massima trasparenza, e di lasciare le porte sempre aperte», racconta Silvia Nencioni, presidente e amministratrice delegata di Boiron Italia. Uffici trasparenti anche nelle nuove sedi delle Poste italiane. Sanofi ha un’assistente sociale in azienda due volte alla settimana (fa parte dell’issim, l’istituto per il servizio sociale nell’impresa). Coelmo ha adottato il suo codice antimolestie una settimana dopo la firma dell’accordo con Confindustria, grazie alla lungimiranza di Stefania Brancaccio, vicepresidente della società e cavaliere del lavoro: «Non ho mai creduto nei risarcimenti delle istituzioni, quando arrivi a quello hai già fallito. Bisogna fare un lavoro culturale dall’interno: se un mio dipendente torna a casa consapevole che un suo sguardo può non essere gradito ho vinto». Dalle banche
tanavo quando mi toccava, ma lui continuava a farlo. Mi raccontava le sue esperienze erotiche, e allungava le mani. Per otto lunghissime ore, tutti i giorni. Un incubo. Mi alzavo al mattino e stavo male al pensiero di dover andare là dentro, in quell’ufficio, con lui. Era un pensiero fisso che mi accompagnava tutto il giorno. Non c’era nulla che alleviasse questa cosa. Mi è venuta la depressione. Per le molestie e poi per il mobbing, perché quando ha capito che non sarei mai andata a letto con lui, ha cercato in tutti i modi di cacciarmi malamente».
Perché non sei andata via?
«Cercavo in tutte le maniere di trovare un altro posto, ma non potevo rinunciare a uno stipendio». d Cambiare la cultura Non ho mai creduto nei risarcimenti istituzionali, quando arrivi lì hai già fallito. Bisogna fare un lavoro culturale dall’interno: se un mio dipendente torna a casa consapevole che un certo suo sguardo non è gradito ho vinto Stefania Brancaccio
Hai mai avuto paura che ti violentasse?
«Sì, più di una volta».
Ne hai parlato con qualcuno? Con la parente che te lo aveva presentato?
«Sono andata da lei e le ho raccontato tutto. Mi ha risposto “tu fai finta di niente, illudilo”. Ne ho parlato con il mio ex marito e anche lui non ci credeva. Mia madre stessa mi diceva “magari tu esageri”».
E denunciarlo?
«No. Anche perché conoscevo la famiglia. La moglie che aveva appena avuto un tumore, quella signora non se lo meritava...».
Quanto è durata?
«Quasi due anni. Poi ho finalmente trovato un nuovo lavoro».
Se una cosa simile ti succedesse
quasi nessun riscontro. Chi è impegnato (e c’è), non lo pubblicizza. Il codice etico di Intesa Sanpaolo prevede un punto di ascolto, ma non è attivo perché il rischio non è considerato superiore a quello della popolazione normale.
C’è, infine, chi pensava di essere a posto con le buone pratiche, come Milano Ristorazione, 605 dipendenti donne e 204 uomini. Avevano già un codice etico. Non erano arrivate segnalazioni di molestie. «Poi abbiamo aderito al progetto Libellula, che punta a creare più consapevolezza in ufficio», racconta Fabrizio De Fabritiis, amministratore unico. «Da un sondaggio anonimo abbiamo scoperto tre casi in azienda. Non ce lo aspettavamo. Ora ci sentiamo in dovere di affrontarlo». Così hanno avviato un corso di autodifesa (anche psicologica) e stanno attivando uno sportello esterno per segnalazioni e consulenze. Non si fa mai abbastanza.
oggi?
«Ancora oggi manca un interlocutore: a chi parlo di quello che mi sta succedendo? Se vado dalle autorità, sappiamo già le domande: “la gonna come te la metti, perché ti trucchi, e i tacchi?...”. C’è ancora questo limite. I numeri
● Sono 425 mila le donne che hanno subìto molestie in ufficio negli ultimi tre anni (stima Istat)
● La fascia di età in cui maggiormente si subiscono molestie è tra i 45 e i 54 anni (il 10,5 per cento del totale). Segue la fascia 33-44 anni (il 9,7 per cento) ● Sono maggiormente vittime di pressioni sessuali le impiegate (37,6%) e le lavoratrici del commercio e dei servizi (30,4%)
● Le donne che nel corso della vita hanno subìto molestie o ricatti sessuali sono il 43,6% Manca proprio una figura cui le donne possano rivolgersi, per tutelare loro, ma anche la famiglia del molestatore».
Solitudine totale?
«Sì, certo. Anche perché gli altri non ti credono o addirittura pensano che sia “normale”. Per me fu sconcertante. E no, non ho pensato di rivolgermi a un avvocato. All’epoca provavo una vergogna pazzesca all’idea di raccontare cosa mi stava succedendo. E non avevo i soldi. Oggi lo farei».
Che consigli daresti a una ragazza che fosse oggi nella tua situazione di allora?
«Parlane con qualcuno, con un’assistente sociale o un sindacalista. Prima ancora di denunciarlo, fatti proteggere. Il colpevole è lui, non sei tu».
Non ci sono solo effetti positivi del movimento #metoo nel mondo del lavoro in Italia. A fronte di molte aziende virtuose che stanno realizzando politiche attive per arginare il fenomeno delle molestie, ce ne sono altre che «giocano sporco». Non si può definire diversamente il comportamento di chi, allarmato dall’emergere di denunce probabilmente considerate destabilizzanti per gli equilibri aziendali, quando non diseconomiche, sta cercando di porvi rimedio ampliando ulteriormente i comportamenti scorretti nei confronti delle donne.
Questo giornale ha raccolto alcune denunce, coperte da anonimato, ma verificate come attendibili, di cambiamenti introdotti dopo il clamore sollevato dal #metoo nella gestione del personale. Il più radicale di questi nuovi metodi contempla l’esclusione delle donne dalle future assunzioni. Racconta un avvocato penalista della decisione presa dalla sua socia di studio, dunque una donna, che, di fronte al proliferare di accuse di molestie in tutto il mondo, ha deciso di non prendere più donne praticanti tra i neolaureati che periodicamente faranno tirocinio. Il colmo è che non ha rinnovato neppure il contratto a termine della segretaria che è stata mandata a casa, sostituita da un giovane tuttofare.
E sempre una donna, questa volta amministratrice delegata di una società di selezione del personale, ha emanato una direttiva in base alla quale nei colloqui preliminari con i candidati, le donne sosterranno i colloqui con selezionatrici
Le misure
In alcune imprese le candidate vengono esaminate solo da selezionatrici. A Wall Street i mentori hanno evitato di lavorare con le praticanti
dello stesso sesso, gli uomini con selezionatori. Nei colloqui successivi, quelli decisivi per l’assunzione, le candidate donne rimaste in lizza verranno esaminate da una coppia mista di selezionatori. Si dirà che almeno si tratta di un metodo che elimina alcune tentazioni radicalmente, ma denota una profonda sfiducia non solo nei confronti dei candidati, ma anche in quelli dei selezionatori che l’amministratrice delegata ha scelto uno per uno.
Tutto questo avviene nel silenzio generale: gli headhunter (i cacciatori di teste) che abbiamo contattato per verificare questo trend, lo hanno confermato tra i denti e con la tutela dell’anonimato. Ma a conferma che questo pericoloso reflusso sia in corso non solo in Italia, ma persino nella patria del #metoo, negli Stati Uniti, ci sono alcuni articoli usciti sul New York Times.
La corrispondente Claire Cain Miller ha raccolto testimonianze anonime nei templi dell’innovazione e della finanza, verificando, ad esempio, che gli investitori della Silicon Valley hanno iniziato a rifiutare gli incontri one to one con donne o li hanno spostati dai ristoranti alle conference rooms, le sale conferenza. E che a Wall Street alcuni mentori hanno evitato di lavorare fianco a fianco con giovani donne praticanti. Non una decisione banale, spiega Miller, visto che il sistema americano degli sponsor che offrono consigli e sostegno ai giovani che vengono loro assegnati formalmente, è un fortissimo incentivo per la carriera.
Viene chiamato «rischio reputazionale» quello che si corre avendo contatti di lavoro con le donne, e ricorre soprattutto nelle occupazioni in cui il lato estetico è maggiormente enfatizzato come le imprese televisive o in quelle dominate dagli uomini, come la finanza. Una reazione esagerata? Secondo un sondaggio lanciato meno di un anno fa sempre dal Nyt, circa due terzi degli uomini e delle donne intervistate sono convinti che nei contatti di lavoro tra loro servono maggiori cautele.