Corriere della Sera

SIAMO SICURI CHE TUTTI VOGLIANO LO

SVILUPPO?

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Caro Aldo, il Pd ha perso il Sud anche a causa della teoria dei due tempi: prima contribuia­mo a far ripartire l’economia al Nord, punto di forza nazionale; poi cerchiamo di alleviare la sofferenza del Sud con provvedime­nti come il reddito di inclusione e la costruzion­e di infrastrut­ture, che però hanno effetto tra 10 anni. Da qui il trionfo dei 5 Stelle. Per il ritardo nelle infrastrut­ture dobbiamo anche ringraziar­e il sindaco de Magistris (io sono napoletano). Nicola Dragoni

Caro Nicola,

Vengo regolarmen­te a Napoli per lavoro o anche solo per amore della sua bellezza, e non ho mai visto piazza Garibaldi — quella della stazione, con cui comincia la città per gran parte dei visitatori — senza i segni del cantiere più lungo della storia. Lo stesso vale per piazza del Municipio. Quindi non è solo colpa di de Magistris.

Più in generale, il successo dei 5 Stelle al Sud viene certo dal desiderio di un riscatto morale; ma anche da una richiesta di assistenza. Ricordo l’incontro con i militanti siciliani, in attesa di Grillo, il giorno della memorabile nuotata nello Stretto. Avevano improvvisa­to un rinfresco: ognuno aveva il piattino e il bicchiere di plastica con il proprio nome, per non sprecare. Accolsero i cronisti senza grande simpatia: «Complici! Conniventi! Tenete il sacco ai politici!». Poi però una signora anziana mi prese le mani e cominciò a parlare: «Scriva che qui in Sicilia per avere un posto ci dobbiamo umiliare, bisogna chiedere a un deputato regionale. Scriva che mio nipote ai concorsi passa sempre gli scritti perché sono anonimi, poi quando arriva l’orale lo mandano via...». Come darle torto? In Sicilia la classe politica ha tenuto in scacco per decenni cittadini che abitavano case abusive, campavano di sussidi, avevano contratti precari con la Regione: condizioni perfette per alimentare il clientelis­mo. Dire basta a questo sistema è doveroso. Poi però chiesi ai militanti cosa pensavano del Ponte sullo Stretto: erano tutti contrariss­imi.

La questione, caro Nicola, è che lo sviluppo è anche una gran rottura di scatole. Vuol dire cantieri, lavoro, ingorghi. Nella Roma della Raggi vedo ogni giorno cantieri che strozzano strade trafficati­ssime senza un operaio al lavoro. Altri chiudono il venerdì alle 3 del pomeriggio per riaprire il lunedì mattina. E nella Roma di Alemanno, come in quella di Marino, non era diverso. Forse il problema non sono «loro»; siamo noi.

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