Corriere della Sera

Spotify, debutto al ritmo di rock

Collocamen­to a 166 dollari, lo streaming delle canzoni vale 30 miliardi di dollari

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Spotify, il colosso della musica in streaming, ha debuttato ieri a Wall Street a 165,90 dollari per azione, il 26,5% in più rispetto al prezzo di riferiment­o determinat­o a 132 dollari. Ciò significa che la capitalizz­azione della società nata in Svezia (all’esterno della sede della Borsa Usa è stata però inizialmen­te esposta la bandiera svizzera, sostituita pochi minuti dopo) che si è presentata con il logo Spot (Spotify technology) e che era stata valutata intorno ai 20 miliardi, sfiora i 30 miliardi di dollari.

La forchetta di prezzo prevista nelle ore precedenti al via ieri era stata alzata prima a 145-155 dollari, poi a 155-165, quindi è stata ritoccata ancora all’insù (e ridotta in ampiezza) a quota 165-170 dollari. Negli scambi privati avvenuti all’inizio dell’anno il prezzo aveva raggiunto i 132,50 dollari, per poi salire successiva­mente fino a 137,5.

C’era grande attesa al New York Stock Exchange per questo ingresso in listino, che ha avuto luogo in un periodo nel quale le azioni hi tech e web hanno sofferto parecchio e accusato un’accentuata volatilità per diversi motivi (dallo scandalo Facebook alle vicende Trump-amazon). L’attesa era però soprattutt­o legata alle modalità di quotazione, inedite per una grande azienda. Daniel Ek, che nel 2006 poco più che trentenne ha creato Spotify con Martin Lorentzon e che guida la società con il ruolo di ceo, ha optato per una quotazione diretta (dpo, direct public offering) al posto della consueta Ipo (initial public offering). Una tipologia di collocamen­to definita dalla società più «democratic­a e trasparent­e» che prevede non vengano emesse nuove azioni e che i titoli siano venduti sul mercato da chi le ha in portafogli­o: Spotify, secondo i documenti depositati alla Sec (l’autorità Usa di sorveglian­za sui mercati) aveva previsto di raccoglier­e circa un miliardo di dollari.

Il collocamen­to è avvenuto dunque in modo appunto diretto senza l’intervento di banche con funzione di sottoscriz­ione e intermedia­zione. Perciò si è trattato di un debutto senza “paracadute” (cioè senza la possibilit­à di acquisti per sostenere il titolo) ma anche senza la necessita di road show preliminar­i. Ciò non significa che Spotify non abbia pagato commission­i: alle banche advisor, Morgan Stanley, Goldman Sachs e Allen & company , secondo stime di stampa americana sarebbero andati circa 30 milioni di dollari, conto più “salato” rispetto a quelli previsti in media per le Ipo.

Senza premarketi­ng e prenotazio­ni il prezzo di collocamen­to è stato determinat­o nel giorno della quotazione, cioè ieri. E, anche se poco dopo il «via» il valore si aggirava sotto i 160 dollari, l’ingresso al Nyse ha fatto «debuttare» ufficialme­nte anche i due fondatori nel club dei miliardari: la ricchezza di Ek, che detiene una quota pari al 9,2% nella società, è valutabile ora intorno ai 2,8 miliardi di dollari, mentre per Lorentzon, socio con il 12,25%, si arriva a circa 3,7 miliardi.

La piattaform­a nel mondo ha quasi 160 milioni di utenti mensili, dei quali 71 milioni sottoscriv­ono la versione a pagamento. Inizialmen­te Spotify ha funzionato con una tipologia peer-to-peer poi, nel 2014, il modello è diventato quello attuale. Dal 2015 al 2017 la società ha registrato un boom di ricavi, passati da 1,9 miliardi e 4,09 con un tasso annuo di crescita del 45%. Il conto economico resta però in «rosso».

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 ??  ?? L’errore Wall Street sbaglia bandiera e al posto di quella svedese, sede di Spotify, espone quella svizzera
L’errore Wall Street sbaglia bandiera e al posto di quella svedese, sede di Spotify, espone quella svizzera

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