L’intervista sulla privacy che (non) esiste
«Perché in questi giorni avete cambiato le impostazioni sulla privacy?». Zuckerberg, seduto su una poltrona rossa, suda copiosamente. «Vuoi toglierti la felpa?» gli chiede una seconda intervistatrice? «Non la tolgo mai». Il primo intervistatore torna alla carica: «Qual è il valore per gli utenti delle vostre impostazioni sulla privacy?». «Penso che la leverò» dice il padre di Facebook. E quando si toglie la felpa si capisce il valore di quella frase («Non la tolgo mai»). L’intervistatrice esclama: «O mio Dio: è una setta segreta: gli Illuminati». All’interno della felpa una sorta di simbolo massonico racchiude la scritta «making the world open and connected». Come si è capito bene ora troppo open (anche ai soggetti come Cambridge Analityca) e troppo connected (Dalla Russia alle elezioni Usa). L’intervista che non dovrebbe esistere — Zuckerberg che risponde a delle vere domande sulle impostazioni della privacy per gli utenti Facebook — e che in effetti Mr Social non ha voluto rilasciare in questi giorni se non in ambienti «controllati» in realtà è già stata fatta. Risale al 2010. La scena si trova facilmente su quella memoria parziale ma impietosa che si chiama Youtube. Al tempo a fare le domande erano due giornalisti di razza come Walt Mossberg e Kara Swisher. In qualche maniera sono loro i responsabili dell’assenza di vere interviste di fronte a un caso così grave che lo stesso Zuckerberg ha detto che ci vorranno «tre anni» per risolvere i problemi (un periodo di tempo che per un’azienda legata alla Rete corrisponde a circa 30 anni nella vita normale). La loro colpa fu quella di avere insistito a fare delle vere domande (alle quali, tendenzialmente, bisogna dare vere risposte). Dopo Zuckerberg si è esposto in situazioni controllate e intervistatori amici. È andato da Oprah Winfrey leggendo un copione a memoria sulla volontà di fare beneficenza. Quando ha annunciato la sua lobby per i deboli, Human Capital, il progetto è naufragato per l’email del suo collaboratore Joe Green che così cercava di fare adepti: siamo forti perché siamo i più ricchi... In questi giorni abbiamo visto solo post insoddisfacenti, rari incontri «in vitro» e, per la prima volta, la pubblicità di Facebook sulla carta dei giornali (prova che i lettori sono una merce più rara e pregiata degli utenti). Per essere Mr Social chapeau all’incapacità di comunicare.