Quel teorico del nazionalismo travolto dalla violenza razzista
La nuova Croazia fa i conti con se stessa. E riemergono vecchi fantasmi
G ià l’ambizione è notevole: raccontare l’odio che ha impoverito il proprio Paese, bloccandolo in un passato di violenze e di vendette che toglie l’aria e cancella ogni futuro. Ma a conquistare è il modo in cui quelle ambizioni diventano stile e trovano una messa in scena efficace e coerente capace di fare dell’ultimo film di Rajko Grlic un appuntamento che non si dovrebbe perdere. A dispetto di un titolo non particolarmente indovinato — The Constitution – Due insolite storie d’amore — che però si sforza di non tradire l’originale Ustav Republike Hrvatske, letteralmente Costituzione della Repubblica Croata.
Il film infatti è ambientato a Zagabria, la capitale della Croazia, e affronta senza falsi infingimenti o facili concessioni l’ideologia nazionalista su cui si è cercato di cementare un Paese che sembra confondere l’orgoglio delle proprie radici con lo schermo dietro cui rifiutare ogni apertura e ogni vera integrazione. Ma lo fa — e qui sta una delle belle idee della sceneggiatura firmata dal regista e dallo scrittore croato Ante Tomic — scegliendo come protagonista un campione di questa intransigenza nazionalistica che diventa «vittima» di quella stessa insensata radicalità oltranzistica, accompagnando così lo spettatore a riflettere sul significato di certe idee senza farne un «eroe» negativo ma evitando anche le trappole dell’empatia.
Vjeko Kralj (Nebojša Glogovac) insegna storia in un liceo e non perde occasione per ribadire l’orgoglio nazionalista all’origine della giovane Repubblica croata, umiliata in passato dal regime comunista e dagli «invasori» serbi.
Nonostante le ambizioni «democratiche» della costituzione (che lo spettatore avrà occasione di ascoltare a lungo nel proseguo del film), l’orgoglio nazionalista e il conseguente odio xenofobo usati per cementare la politica statale — e di cui Kralj si fa portavoce presso i suoi studenti — ha finito per giustificare il disprezzo e l’intolleranza presso qualsiasi altro tipo di nemico supposto: i serbi naturalmente e i comunisti, ma anche gli ebrei, gli zingari e last but not least gli omosessuali. Gruppo a cui appartiene anche il nostro professore, che non vuole rinunciare a passeggiare di notte vestito da donna. E che proprio per questo verrà aggredito e picchiato da un gruppo di giovinastri per i quali l’orgoglio croato non si differenzia dall’odio per ogni tipo di diverso.
Ricoverato in ospedale, Kralj viene curato da un’infermiera (Ksenija Marinkovic) che lo conosce perché abita nel suo stesso caseggiato e che si offre non solo di curarlo ma di occuparsi anche del padre inchiodato al letto e che il figlio accudisce senza preoccuparsi troppo di mascherare le tensioni che li dividono. In cambio, la donna chiede al professore di dare qualche lezione al marito poliziotto (Dejan Acimovic), che deve sottoporsi a un esame sulla costituzione per via delle proprie origini serbe.
Così, scena dopo scena, il film mette in campo tutte le sue pedine, attento a evitare ogni tipo di facile schematismo: il professore paga l’intransigenza che lui stesso contribuisce a creare e scopre di aver bisogno dell’aiuto di una donna verso la quale non ha mai nascosto il suo disprezzo di classe e d’istruzione. Mentre riversa contro il poliziotto, cui legge e spiega gli articoli della costituzione che proclamano la tolleranza e la comprensione, proprio quel nazionalismo xenofobo e razzista di cui ha pagato le conseguenze come omosessuale. Senza dimenticare che il padre infermo ha un passato da ustascia (cioè da fascista che durante l’ultima guerra combatterono accanto ai nazisti), il che non lo ha certo aiutato a capire le scelte del figlio.
Proseguendo, il film intreccia sempre più strettamente i percorsi di questi personaggi (cui se ne aggiungono anche altri, come uno studente bisognoso di «consigli» o un misterioso avvelenatore di cani) sempre evitando però le soluzioni narrative più scontate o facili, alla ricerca di una verità capace di restituire la complessità e le contraddizioni umane prima di tutto.
In nome di un cinema che aiuta a capire il mondo che ci circonda senza pretendere però di volerlo ingabbiare in un qualche tipo di verità assoluta.
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Al centro della storia un insegnante campione di intransigenza che diventa vittima di quella insensata radicalità oltranzista