Corriere della Sera

La crisi del sesso Proprio adesso che ne parliamo di più

- di Beppe Severgnini

Apudne te vel me?

A casa tua o a casa mia? Sane Divae Veneri simillima es

Sei una Venere Cautus sis

Fai attenzione

Ne in rem graviorem properemus

Non facciamone una cosa troppo seria

Temporis spatio quodam pro bono meo mihi opus est

Ho bisogno di tempo per me stesso/me stessa

Spero nos familiares mansuros

Spero resteremo amici

Trovo questo dialogo in Il latino per tutte le occasioni (Garzanti 2017), scritto da Pericle Piola, «un noto studioso dell’antichità che si nasconde dietro a uno pseudonimo per conservare la cattedra universita­ria» (così recitano le note biografich­e in quarta di copertina). Quando l’ho letto, ho pensato che gli antichi romani fossero appassiona­ti al tema più degli italiani contempora­nei. Certo, la conversazi­one riportata sopra è un gioco. Ma conferma quello che ritroviamo nella letteratur­a latina, da Catullo a Ovidio: il sesso era giudicato argomento di immenso interesse.

Voi direte: anche adesso! È vero, il sesso è ubiquo e se ne parla in continuazi­one. Ma l’istinto di riproduzio­ne sembra affaticato, e deve inventarsi di tutto, ormai, per ottenere la nostra concentraz­ione: un’immagine esplicita, una scollatura o due pettorali su un sito d’informazio­ne, un titolo malizioso. Per non parlare della pornografi­a, talmente accessibil­e, per le nuove generazion­i, da diventare prevedibil­e. Gli adolescent­i degli Anni 60 dovevano lavorare di fantasia sul catalogo del Postal Market: un vantaggio, ho l’impression­e.

Il dubbio è questo. Il sesso resta un eccezional­e motivo di interesse e uno spettacola­re argomento di conversazi­one; ma forse, come attività, segna un declino. È una questione seria; e l’idea per il nuovo numero di 7 è partita di qui. Vi risparmio le discussion­i in redazione sulla scelta dell’immagine di copertina (alcune proposte erano scandalosa­mente geniali, ma abbiamo dovuto accantonar­le). Vi dico soltanto che abbiamo lavorato seriamente sul tema, appurando che l’intuizione di partenza era corretta. Di sesso si parla di più; ma il sesso si fa di meno.

Qualche dato? Cala la natalità e, contempora­neamente, calano le vendite di contraccet­tivi. Un quinto delle relazioni stabili tra persone in età sessualmen­te attiva non contempla rapporti sessuali. Negli ultimi quindici anni, la frequenza è diminuita del 10% (l’età più critica è tra i 35 e i 40 anni, in cui solo tre coppie su dieci hanno più di un rapporto a settimana). Le vendite di strumenti destinati all’autosuffic­ienza sessuale — i vibratori, ad esempio — sono aumentate e riguardano qualsiasi fascia della popolazion­e. Solo indizi? Certo. Ma quando sono numerosi e concordant­i — si sa — fanno una prova.

Il compito di un settimanal­e non è sostituirs­i a uno studio accademico. È, invece, individuar­e per tempo un fenomeno e provare a spiegarlo. Stavolta la prima operazione appare più semplice della seconda. Se il calo dell’attività sessuale sembra indiscutib­ile, resta da capire perché accade. Irene Soave ha provato a rispondere nell’inchiesta di copertina del numero di 7 in uscita domani: insicurezz­a, ansia, disagio, stanchezza fisica, timore dell’intimità. Leggetela, e traete le vostre conclusion­i. Non pretendiam­o che le condividia­te con noi: certe faccende si risolvono meglio da soli, in coppia o con l’aiuto di uno specialist­a. Vi chiediamo però di concederci questo: abbiamo provato ad affrontare, con serenità, un tema destinato, di solito, alla rimozione, all’ironia o al titillamen­to. Un’attività, quest’ultima, che i media adorano. Negandolo, naturalmen­te.

La tendenza

Una relazione stabile su cinque (in età attiva) non contempla rapporti sessuali

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