Ambiguità Usa sulla Siria, le altre potenze vanno avanti unite
Per il momento i duemila soldati americani restano in Siria. La portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders, ha diffuso una nota ufficiale: «La missione militare per sradicare l’isis dalla Siria sta per giungere a una rapida conclusione, con l’isis che sarà completamente distrutto. Gli Stati Uniti restano impegnati a eliminare la piccola presenza dell’isis». Una dichiarazione ambigua che, infatti, ha subito suscitato interpretazioni diverse a Washington. È solo un rinvio rispetto alla decisione di un ritiro totale, come da una settimana ● Il leader turco Recep Tayyip Erdogan, vuole mantenere la presa sui curdi ripete Donald Trump? Oppure, come scrive il New York Times è una marcia indietro? In realtà l’amministrazione è ancora divisa. Il segretario alla Difesa James Mattis da mesi mette in guardia la Casa Bianca: gli Stati Uniti devono mantenere almeno un presidio in Siria per monitorare la dinamica del terrorismo e per non lasciare ulteriore spazio all’iran e agli Hezbollah. Trump segue fino a quando si parla di terrorismo, ma vorrebbe delegare ad altri la definizione dei nuovi equilibri nel Paese. Per esempio coinvolgendo l’arabia Saudita. Lunedì il presidente americano si è sentito per telefono con il re Salman e il giorno dopo ha rilevato nel corso della conferenza stampa con i governanti dei Paesi baltici: «Il re saudita ha insistito perché gli Usa rimangano in Siria. Io ho risposto: bene, se volete che rimaniamo lì, magari ci dovrete pagare». Solo una battuta? Forse, ma il tema politico è molto chiaro. Nel frattempo le altre potenze vanno avanti senza gli Stati Uniti. Ieri ad Ankara, vertice tra Vladimir Putin, Hassan Rohani e il padrone di casa Recep Tayyip Erdogan. L’incontro si è chiuso con l’accordo su un punto di sostanza: «difendere l’integrità territoriale della Siria». Il presidente iraniano, però, ha chiesto il ritiro delle truppe turche dal nord del Paese, da riconsegnare al leader siriano Bashar alassad. Ma Erdogan è determinato a mantenere la presa sul territorio curdo e ad avanzare verso la base americana di Manbij. Sicuramente il Pentagono avrebbe avuto da obiettare, ma al tavolo di Ankara gli Stati Uniti non c’erano.