Corriere della Sera

IL NON VOTO DI DONNE E SMARRITI

- di Maurizio Ferrera

Dalle elezioni del 4 marzo è emerso un nonpartito di cui nessuno parla: il popolo degli astenuti. I voti non espressi sono stati undici milioni e mezzo, quasi un quarto del totale. Si tratta di una percentual­e non insolita nelle democrazie contempora­nee, che conferma una tendenza in atto da tempo anche in Italia. Il fenomeno resta tuttavia in sé preoccupan­te.

Chi non vota (o vota scheda bianca) può essere deluso, arrabbiato, disinteres­sato, sempliceme­nte indeciso. Forse la definizion­e più ampia per caratteriz­zare questo gruppo eterogeneo è quella di elettori «smarriti»: disorienta­ti e (auto) esclusi dai circuiti della partecipaz­ione. Per i partiti e i loro leader, il silenzio degli smarriti dovrebbe essere un segnale assordante, sintomo della loro incapacità di ascoltare, proporre, rispondere. E soprattutt­o uno stimolo a riflettere e a capire.

Chi sono gli smarriti? È possibile tratteggia­rne il profilo? Provo a farlo utilizzand­o i dati di un’inchiesta che ha sondato un campione di elettori poche settimane prima del voto (Pastel2018), intercetta­ndo chi era indeciso e/o intendeva non votare. Il fatto più singolare è che due terzi degli smarriti sono donne: più che nelle elezioni passate e più che negli altri Paesi europei. Come possiamo spiegarlo?

A pensarci bene il fenomeno è meno sorprenden­te di quanto appaia.

La crisi ha colpito duro la società italiana, che sta insieme grazie alla famiglia e in particolar­e a madri, mogli, nuore, figlie. Su questo fronte, a dispetto della retorica si è fatto davvero poco. Per usare un eufemismo, diciamo che la dimensione di genere non è stata proprio al centro delle preoccupaz­ioni di chi ha gestito il risanament­o e le riforme struttural­i negli ultimi dieci anni.

Più della metà delle elettrici smarrite sono occupate. Svolgono prevalente­mente attività impiegatiz­ie. Nel privato, lavorano perlopiù in piccole o micro-imprese, con contratti precari. Sono dunque insicure e vulnerabil­i. Nel pubblico, sono soprattutt­o insegnanti. In questo caso, lo smarriment­o è probabilme­nte dovuto alla cosiddetta «Buona Scuola»: una riforma bene intenziona­ta, però comunicata male e attuata ancora peggio.

Un gruppo consistent­e di smarrite è costituito da casalinghe. Se avessero votato compatte, il loro «partito» avrebbe superato la soglia del 3 per cento. Sappiamo che all’interno di questa grande platea vi sono molte donne che vorrebbero lavorare, ma non possono o non riescono. Nell’area di residenza (pensiamo al Sud) non ci sono opportunit­à di impiego, oppure il carico di cura all’interno della famiglia rende il lavoro impossibil­e in assenza di servizi pubblici. Fra le madri, la percentual­e di smarrite è quasi doppia rispetto ai padri. Scoraggiam­ento, delusione, frustrazio­ne — e anche rabbia — sono atteggiame­nti comprensib­ili: se non cambia nulla, a che pro votare?

La situazione di svantaggio

di questi sette milioni di donne si riflette chiarament­e nelle preoccupaz­ioni che esse esprimono. Molti dei temi che hanno dominato la campagna elettorale (tasse, debito, euro, immigrazio­ne) hanno una bassissima salienza per queste elettrici. Nella misura in cui la percepisco­no, l’ue è vista con favore. I problemi che angustiano le smarrite sono in particolar­e la disoccupaz­ione (e in questo sono uguali agli smarriti maschi) e il welfare: sanità, pensioni, lotta alla povertà. Il loro timore è che si indebolisc­ano o spariscano le (poche) ancore di sicurezza economica e sociale. Un dato significat­ivo riguarda la corruzione, denunciata molto più dalle donne che dagli uomini.

Per definizion­e non è facile capire qual è l’orientamen­to politico delle donne smarrite. Quasi la metà di loro rifiuta di collocarsi sull’asse destra-sinistra. Fra chi accetta di farlo, la maggioranz­a relativa opta tuttavia per il centro (35%), seguito dalla sinistra (30%) e dalla destra (21%). Non sappiamo quanti degli smarriti rilevati dal sondaggio (il 30% circa del campione) si siano poi astenuti il 4 marzo. Probabilme­nte una parte di loro si è recata alle urne, visto che i voti non espressi sono stati «solo» il 25%. Con questi ordini di grandezza, il profilo appena tratteggia­to rimane più che plausibile nelle sue grandi linee.

I ragionamen­ti controfatt­uali sono sempre scivolosi. Ma è naturale chiedersi se le cose avrebbero potuto andare diversamen­te. Io credo di sì,

Conseguenz­e

La crisi ha colpito una società che sta insieme grazie alla famiglia e a madri, mogli, figlie

se solo i governi di centrosini­stra non avessero trascurato quella agenda donne che si era faticosame­nte fatta strada, anche grazie a questo giornale, prima della crisi. Le elettrici smarrite non si sono lasciate sedurre dalle sirene anti sistema. Non sono fuggite nei famosi «boschi» della sinistra dura e pura. Sono rimaste a casa loro, ad accudire figli e anziani, a conciliare il desiderio e l’esigenza di reddito con la dura realtà della disoccupaz­ione, dei contratti precari, dell’assenza di servizi. Avrebbero forse appoggiato proposte direttamen­te collegate ai loro problemi quotidiani. Un programma concreto di migliorame­nto del welfare, europeista, moderato, credibile sotto il profilo della lotta alla corruzione e alla criminalit­à. I leader facciano un esame di coscienza: nessuno di loro si è impegnato abbastanza.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy