Corriere della Sera

Dentro lo studio del presidente tra appunti e foto via Twitter Quelle delegazion­i senza donne

- di Monica Guerzoni

ROMA Sul tornante di via della Dataria, che conduce il giovane terzetto a 5 Stelle fin sulla cima del Colle più alto, la lunga coda di inseguitor­i quasi non tiene il passo. L’ascesa a piedi di Luigi Di Maio dalla Camera al Quirinale fa notizia e la capogruppo Giulia Grillo, al fianco di un Danilo Toninelli che lotta con il vento per tenere a bada i ricci, sorride di compiacime­nto: «Anche Martina e Salvini sono saliti a piedi? Eh sì, ci copiano tutti...». Ancora una scalinata ed ecco che, sotto il Palazzo della Consulta, un gruppetto di fan applaude e incoraggia il capo politico del Movimento: «Grande Luigi, non farti corrompere!». Il leader ringrazia, alza un pugno chiuso al cielo, distende prontament­e la mano e sparisce dietro la sagoma del corazziere all’ingresso.

A parte Silvio Berlusconi, che arriva e riparte su una berlina grigia seduto dal lato passeggero, le auto blu sono sparite dalla scena. E pure il taxi sa troppo di passato in queste consultazi­oni, dove un rito antico della prima e seconda Repubblica ritorna verniciato di fresco. Il clima tra il divanetto su cui siedono gli ospiti e la poltrona presidenzi­ale è formale quel tanto che basta, ma per nulla imbrigliat­o. Persino il Quirinale ha ceduto al nuovo che avanza e si è fatto più smart, spalancand­o le porte ai social network e divulgando foto e calendari a colpi di tweet. Una novità che fa sentire il presidente più vicino ai cittadini. Mattarella non prende appunti, lo fa per lui il direttore della Segreteria generale Daniele Cabras. Al termine di ogni incontro il Sergio Mattarella 2.0 si allontana dal tavolino basso con la composizio­ne floreale e si posiziona davanti alla tv a circuito chiuso dello Studio alla Vetrata, per seguire in diretta le dichiarazi­oni.

«Rimanete sintonizza­ti», chiama a raccolta i follower Matteo Salvini, che invita il pubblico leghista a seguire la sua performanc­e in tempo reale, su Facebook o su Twitter. È la (nuova) politica, bellezza. Il capo del Carroccio arriva al Quirinale alle 12 spaccate, anche lui scarpinand­o e mezz’ora dopo è già nel caldo tropicale del corridoio trasformat­o in sala stampa. «Ti sei messo la cravatta, bravo — incrina l’atmosfera istituzion­ale la ex «iena» Enrico Lucci —. E dove l’hai comprata, al mercatino della Brianza?». Salvini ride e solleva quella striscia di stoffa grigio ghiaccio per mostrarla agli elettori a casa. La foto del terzetto, con Giancarlo Giorgetti e Gian Marco Centinaio a braccia conserte come due guardie del corpo, consegna ai posteri una Lega che ha archiviato anche l’ultimo tocco di verde: per ricono-

scersi dai 5 Stelle, i capigruppo hanno imposto ai parlamenta­ri la spilletta con lo spadone ricurvo di Alberto da Giussano.

Ogni grandinata di flash funziona da applausome­tro. Primo Di Maio, l’unico leader per il quale il cerimonial­e del Quirinale blocca sullo scalone gli operatori dell’informazio­ne, secondi a pari merito Salvini e Berlusconi. Il presidente di Forza Italia guida la delegazion­e meno sorridente. Davanti alle telecamere, con quel grande foglio bianco in mano, il leader appare emozionato e teso e si fa notare l’eleganza severa di Anna Maria Bernini e Mariastell­a Gelmini, entrambe in tailleur pantalone scuro. Il match della parità di genere, fa notare più d’uno sui social, l’hanno vinto gli azzurri. «E sempre per la serie #tuttimasch­i la splendida delegazion­e del @pdnetwork», graffia su Twitter la scrittrice e blogger Giulia Blasi.

«Sembra un gruppo misto» scherzano i cronisti davanti all’unico quartetto del giorno, un esponente per ogni sfumatura del renzismo. E quando Maurizio Martina, Graziano Delrio, Andrea Marcucci e Matteo Orfini scendono giù dal Colle, il presidente del Pd ferma cronisti, cameramen e fotografi: «Dopo le consultazi­oni non si parla, io sono un comunista vero». E poi, scherzando: «Provate con i democristi­ani». La delegazion­e dem, che subito dopo l’incontro con Mattarella si era riunita per concordare la dichiarazi­one del reggente, si scioglie a Fontana di Trevi. Marcucci sparisce dentro un’auto e Martina cerca riparo in un bar, dalla pioggia e dai turisti. «I buoni e i cattivi è un film già visto, non è che se Di Maio dice “no a Renzi” spacca il Pd — avverte il ministro che studia da segretario —. O sono dei geni, o è meglio che la smettano». Nel pomeriggio, altro sale sulle ferite, arrivano le foto di Salvini che passeggia in via delle Botteghe Oscure, un tempo sede del Pci, con gli agenti della scorta costretti a «placcare» i cronisti e placare la rabbia degli automobili­sti in trappola.

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