Usa, pronto il colpo agli uomini di Putin
Sanzioni contro gli oligarchi più influenti. E il procuratore Mueller ne ferma uno al JFK
WASHINGTON Attacco agli oligarchi, il nerbo del potere economico russo. Il ministro del Tesoro americano Steven Mnuchin si prepara a sanzionare gli uomini d’affari più ricchi e più vicini a Vladimir Putin.
Il governo e il Congresso sono compatti. Mnuchin adotterà le misure in base alla legge approvata il 2 agosto scorso, praticamente all’unanimità, nonostante i mugugni di Donald Trump. È il cosiddetto «Caatsa», che identifica i tre «nemici» degli Stati Uniti, cioè Russia, Iran e Corea del Nord. Le accuse saranno di ampia portata: dalle interferenze nella campagna presidenziale agli «atti di corruzione».
È la seconda stangata dell’amministrazione: il 15 marzo scorso Mnuchin colpì «cinque entità» e 19 cittadini russi, compresi i capi dei servizi militari e il businessman Eugeny Prigozhin, «il cuoco di Putin». Adesso si sale ancora verso il vertice della piramide. Il 30 gennaio scorso il Dipartimento di Stato aveva diffuso un documento con 210 nomi: 114 politici e burocrati e 96 oligarchi. Da Mosca commentarono con sarcasmo: «è l’elenco telefonico degli uomini più ricchi». Le ironie si sprecarono anche negli Stati Uniti: si scoprì che quella mappa era copiata da Fortune. Tutto vero. Ma al Corriere risulta che l’amministrazione consegnò un’altra lista al Congresso, rimasta finora coperta: quella buona. Nel rapporto reso pubblico compare il premier Dmitriy Medvedev; il portavoce di Putin, Dmitriy Peskov; «senior political leaders» come Alexei Miller, amministratore di Gazprom o Igor Sechin, la guida di Rosneft, per altro già sanzionato.
Ma sarà interessante osservare la selezione tra gli oligarchi. I più esposti sembrano essere una ventina, tra cui: Kirill Shamalov, il genero di Putin, azionista del gruppo petrolchimico Sibur; Petr Aven, capo della Alfa Bank, la seconda banca privata del Paese; Aleksandr Abramov, presidente dell’acciaieria Evraz, di recente premiato da Putin per le sue opere di beneficenza, fratello del più noto Roman Abramovich (anche lui schedato), proprietario della squadra di calcio Chelsea.
C’è poi un gruppetto di affaristi che, in modo un po’ surreale, salda l’azione del Tesoro con le indagini sul «Russiagate» condotte dal super procuratore Robert Mueller: Oleg Deripaska, finanziere con interessi dall’alluminio alle assicurazioni, collegato con l’avvocato Paul Manafort, nel 2016 capo della campagna elettorale di Trump; Aras Agalorov, immobiliarista: acquistò la vecchia villa di «The Donald» a Mar-a-lago e suo figlio Emin aiutò il primogenito del presidente a organizzare l’incontro nella Trump Tower per ottenere informazioni compromettenti su Hillary Clinton da un’avvocata russa.
Non bisogna mai dimenticare che anche Mueller va avanti come un bulldozer: la Cnn ha rivelato che circa un mese fa il suo team di agenti ha fermato un oligarca russo all’aeroporto Jfk di New York. Prima di rilasciarlo hanno controllato computer e telefonini: cercavano le tracce di finanziamenti al comitato elettorale di Trump.