Corriere della Sera

Ma non chiamiamol­a «nuova Guerra fredda»: manca il mondo bipolare

Sparito il conflitto ideologico, Mosca resta sempre «rivale»

- di Paolo Valentino

Quella mattina al Dipartimen­to di Stato, Richard Burt era nervoso. L’ambasciato­re sovietico, Anatoly Dobrynin, aveva chiesto di vederlo. Ma il sottosegre­tario agli Affari Europei non aveva idea di cosa volesse comunicarg­li. Era il 1983, l’amministra­zione Reagan si era insediata da poco più di due anni e la tensione con Mosca era al massimo; forse solo durante la crisi dei missili cubani il livello era stato più alto. Così Burt rimase basito quando scoprì che Dobrynin aveva chiesto il colloquio per un affare personale. I diplomatic­i sovietici a Washington non potevano allontanar­si fuori dalla città oltre un raggio di 60 chilometri, misura restrittiv­a che reciprocav­a l’analogo divieto imposto a quelli americani a Mosca. Era l’inizio dell’estate e l’ambasciato­re stava per ricevere la visita della sua unica nipotina, la luce dei suoi occhi, che veniva per la prima volta in America con un solo desiderio: visitare Disneyland. Dobrynin era venuto a chiedere in gran segreto un permesso speciale per portare la bimba in Florida. Burt ne fu sollevato e preoccupat­o allo stesso tempo. Disse che ne doveva parlare al segretario di Stato, il falco Alexander Haig, un ex generale che appena sentiva la parola sovietici aggiungeva subito l’aggettivo «bastards».

Haig fece il furbo: «Non voglio saperne nulla. Ti devi prendere tu la responsabi­lità, se succede qualcosa è stata un’iniziativa tua». Burt si fece coraggio. In fondo il decano dei diplomatic­i gli era simpatico e la richiesta era del tutto innocente. Accordò il permesso e l’ambasciato­re portò la nipotina a Disneyland. L’unica conseguenz­a fu che per tutti gli anni in cui Dobrynin rimase a Washington, Richard Burt si vide periodicam­ente recapitare a casa un’enorme scatola di caviale beluga, a perenne gratitudin­e. L’episodio non è mai stato raccontato. Ma è un perfetto apologo della Guerra fredda, quando la competizio­ne tra due Superpoten­ze, che cercavano di plasmare il mondo in nome di ideologie opposte e inconcilia­bili, non fu mai al buio, ma tenne sempre aperti canali di dialogo e meccanismi efficaci di comunicazi­one su tutto, missili atomici, manovre militari, spie o affari privati.

Oggi il conflitto ideologico è sparito, sia pure non con la fine della Storia preconizza­ta con troppa fretta da Francis Fukuyama. La Russia non è più una Superpoten­za. Eppure è di moda parlare di nuova Guerra fredda tra Mosca e Washington, ignorando premesse, contenuti e rituali di un’epoca dove la rivalità bipolare informava tutto: l’equilibrio del terrore nucleare, la pace armata in Europa, le guerre regionali in ogni angolo del pianeta, il soft power (Disneyland, appunto) e ovviamente il mondo delle ombre dove operavano le spie.

Certo gli agenti segreti non hanno mai smesso di operare. E non hanno mai smesso di uccidere: «Queste tattiche hanno una storia molto più antica della Guerra fredda e l’idea che siamo di fronte a una sua riedizione è sbagliata», dice Malcom Craig, che insegna Storia americana contempora­nea alla John Moores University di Liverpool.

C’è una differenza importante rispetto ad allora quando parliamo di spie, misure speciali e di espulsioni. La lotta fra le intelligen­ce era quasi un male necessario e veniva combattuta senza esclusione di colpi, ma non diventò mai un fattore nell’equazione dei rapporti ufficiali fra le due Superpoten­ze, anzi le crisi spionistic­he venivano spesso usate per rilanciare il dialogo. Come accadde nell’autunno del 1986, quando dall’arresto del corrispond­ente da Mosca di Newsweek, Nick Daniloff, in risposta a quello a New York di Gennady Zakharov, un agente del Kgb in forza alla missione diplomatic­a sovietica all’onu, e dal loro successivo scambio, nacque il vertice di Reykjavik tra Reagan e Gorbaciov, dove per poco non venne deciso un massiccio disarmo nucleare.

Nulla veniva gridato nella Guerra fredda, non c’è memoria di un segretario di Stato americano, tantomeno un ministro degli Esteri di Sua Maestà, che accusasse pubblicame­nte il Cremlino di aver fatto uccidere una spia, o viceversa. In un certo senso valeva la massima: chi è innocente scagli la prima pietra. Il conflitto era di fondo, le accuse generali: «Impero del Male», diceva Ronald Reagan parlando dell’urss. C’era perfino una dimensione romantica, come i famigerati agenti «Romeo», veri sciupafemm­ine del socialismo reale, che la Stasi di Markus Wolf piazzava a Bonn per far innamorare le segretarie zitelle del Bundestag e carpire loro segreti.

Ma soprattutt­o, ecco forse la differenza decisiva, gli americani e gli alleati occidental­i disponevan­o di un compact di riflession­i strategich­e con cui cercare di influenzar­e il comportame­nto di Mosca. Oggi, spiega Michael Kofman, esperto del Kennan Institute al Woodrow Wilson Center di Washington, «non c’è alcuna teoria su come porsi nei confronti della Russia». E aggiunge: «Gli strumenti diplomatic­i che usiamo servono piuttosto a rassicurar­e gli alleati o a creare una parvenza di unità politica, ma nessuno sa cosa si vuole da Mosca. Pensare che capitoli in Ucraina o si ritiri tout court dalla politica internazio­nale non è serio».

Quindi, per favore, smettiamol­a di parlare di Guerra fredda. Quella era una cosa seria.

Continuità

Negli anni gli agenti segreti non hanno mai smesso di operare. E nemmeno di uccidere

 ??  ?? Ponte aereo Giovani berlinesi osservano un quadrimoto­re Usa durante il blocco imposto dai sovietici alla città, nel 1948 (Ansa)
Ponte aereo Giovani berlinesi osservano un quadrimoto­re Usa durante il blocco imposto dai sovietici alla città, nel 1948 (Ansa)
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Fidel Castro alla Baia dei Porci, nel 1961: uno degli episodi più cruenti della Guerra fredda
Nella Storia Cuba Fidel Castro alla Baia dei Porci, nel 1961: uno degli episodi più cruenti della Guerra fredda
 ??  ?? Distension­e Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov, nel 1987, firmano il Trattato sulle Armi Intermedie
Distension­e Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov, nel 1987, firmano il Trattato sulle Armi Intermedie

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