Corriere della Sera

SU INTERNET E PRIVACY LA (GIUSTA) SEVERITÀ DELL’UNIONE EUROPEA

- Di Massimo Sideri

Il miglior modo di avere torto è essere gli unici che hanno ragione. Il 25 maggio entrerà in vigore in tutta Europa il nuovo regolament­o generale sulla protezione dei dati di 500 milioni di cittadini, compresi, chiarament­e, 60 milioni di italiani. Finora, complice anche l’acronimo ministeria­le «Gdpr», se n’è parlato come di un passaggio burocratic­o che riguarda soprattutt­o le aziende. E si è scritto e detto di tutto: che l’europa non è al passo con i tempi, che mostra di essere avversa alle aziende americane, che è troppo stringente nell’interpreta­re la nuova privacy. Insomma, le nuove regole sembravano figlie di una tentazione inconfessa­bile, quella del protezioni­smo contro l’innovazion­e per una sorta di complesso di inferiorit­à. Il sentire comune d’altra parte lo ha sintetizza­to bene Fedez di fronte alle critiche per avere postato insieme a Chiara Ferragni il figlio Leone sul circo sociale: «Parlare di privacy sui social è assurdo». Purtroppo il caso Facebook che, come si è scoperto ora, riguarda anche 270 mila utenti italiani dimostra esattament­e il contrario: l’ansia europea sulla privacy non era mal riposta. Anzi: Facebook ha avuto fortuna. Se il caso fosse scoppiato tra soli due mesi, dopo il 25 maggio, avrebbe creato la tempesta perfetta: la società avrebbe violato l’obbligo di comunicare il cosiddetto data breach, cioè il furto di informazio­ni, che in casi gravi come questo prevede che i singoli individui sappiano cosa è accaduto dei propri dati. Subito. La società avrebbe dovuto anche rispondere per non avere rispettato la privacy by design (cioè il servizio deve essere progettato a priori per evitare casi come quello di Cambridge Analytica). Le Autorità europee, tra cui il Garante italiano, avrebbero potuto comminare una multa fino al 4 per cento del fatturato globale della società: nel caso di Facebook parliamo di circa un miliardo e mezzo. Sembrava che avessimo torto. Eravamo gli unici ad avere ragione.

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Puoi condivider­e sui social network le analisi dei nostri editoriali­sti e commentato­ri: le trovi su www.corriere.it Su Corriere.it
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