Corriere della Sera

Zuckerberg sbaglia? Lo sa, ma va avanti

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«Non mi dimetto: sono ancora la persona migliore per gestire Facebook. La vita è tutto un imparare dagli errori e capire come fare per andare avanti». La puntata quotidiana del reality che registra da settimane la caduta libera della maggiore rete sociale del mondo ha offerto ieri altre scuse di Zuckerberg («ho commesso errori enormi»), l’ammissione che il numero di utenti i cui dati sono stati trafugati da Cambridge Analytica è molto più alto di quanto emerso fin qui e che, addirittur­a, Facebook non ha saputo proteggere i dati di gran parte dei 2,2 miliardi di esseri umani che glieli hanno affidati.

Colpiti da queste cifre enormi, un caso che coinvolge anche centinaia di migliaia di utenti italiani, stiamo facendo passare in secondo piano il fatto che per la prima volta Zuckerberg vede messo in discussion­e il suo ruolo al vertice dell’azienda che ha fondato e dalla quale è, teoricamen­te, inamovibil­e, avendone il controllo azionario. Il presidente e amministra­tore delegato della società è addirittur­a costretto a negare che dal suo board siano venute richieste di dimissioni e, rispondend­o due volte ai giornalist­i che gli chiedono se non gli sembri opportuno farsi da parte, non solo si dice deciso ad andare avanti, ma rivendica il diritto di farlo. È questa la cosa più allarmante che rende poco credibili tutte le altre assunzioni di responsabi­lità e l’assicurazi­one di essere ormai consapevol­e dell’enorme peso di Facebook sulle dinamiche politiche e sociali. Chi paga per gli errori e i gravi danni provocati? Nessuno. Non lui che è il padrone (fosse stato un manager sarebbe già stato messo alla porta), ma neanche altri: «Non scarico su altri responsabi­lità che sono solo mie». Stupisce soprattutt­o la rivendicaz­ione del diritto di continuare a operare commettend­o errori che poi vengono corretti a posteriori: è la logica tipica della Silicon Valley che ha prodotto disastri non solo a Facebook ma anche a Twitter (anche qui mea culpa a raffica, promesse di correre ai ripari, ma intanto la Rete è sempre più infettata da fake news, provocazio­ni, abusi, come si è appena visto anche nel caso dell’attacco suicida alla sede di Youtube). Chi fa, sbaglia, è vero. Ma se maneggi materiale «radioattiv­o» non puoi permettert­i errori. Questo Zuckerberg non sembra averlo ancora capito ed è anche per questo che gli altri big della Silicon Valley lo stanno isolando.

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