Corriere della Sera

La mossa per fermare Bolloré e la conta dei voti

- di Nicola Saldutti

La mossa della Cassa depositi e prestiti su Tim è molto diversa dal decreto legge che tanti anni fa congelò il voto dei francesi in Edison (ora controllat­a da Edf). La decisione di rilevare il 5 per cento delle azioni, presa ieri dal board della Cassa, arriva dopo giorni febbrili di consultazi­oni. Un vertice tenuto giovedì scorso tra le fondazioni e i vertici della Cassa depositi e prestiti, poi le consultazi­oni e il via libera martedì. In realtà il ministero dell’economia, con Fabrizio Pagani, non si è mostrato subito favorevole, perplessit­à manifestat­e in un primo tempo anche dal ministro e poi rientrate nel vertice di Palazzo Chigi. L’ipotesi a un certo punto era di rilevare soltanto l’1 per cento, quota che non avrebbe spostato però gli equilibri a favore dell’operazione «tutela Italia». Una partita che a questo punto si giocherà sul lato della governance della società e delle prossime tappe assemblear­i. Ma non solo. Lunedì si riunirà il consiglio di Tim e bisognerà vedere che tipo di iniziative verranno prese nei confronti di Elliott, il fondo ormai secondo socio con circa il 10 per cento dietro Vincent Bolloré, al 24 per cento.

I sindaci hanno chiesto la revoca dei consiglier­i, per Elliott basterà invece sostituirl­i mentre per i francesi di Vivendi considerer­ebbero decaduto tutto il board. Questioni che si dovranno misurare prima il 24 aprile e, a seconda dell’esito di quell’assemblea, il 4 maggio. L’ingresso dello Stato, attraverso la Cassa depositi e prestiti, con il 5 per cento arriva dunque in questo scenario con l’obiettivo di spostare gli equilibri sul fronte anti-bolloré. Un incrocio su più piani, dal momento che sia il finanziere bretone che la Fininvest, ai ferri corti per la questione Mediaset, sono entrambe azionisti di Mediobanca. Piazzetta Cuccia fa sapere di essere equidistan­te in questa partita.

Ma la questione sarà ora la presentazi­one delle liste in assemblea e che cosa deciderann­o di fare gli investitor­i istituzion­ali, in primo luogo i fondi. Unicredit in serata ha smentito di aver esercitato influenza su Assogestio­ni con riferiment­o alle nomine del consiglio Tim: «Unicredit non è né direttamen­te né indirettam­ente membro di Assogestio­ni» e «ritiene estremamen­te sgradevoli e inopportun­i i velati riferiment­i xenofobi». E anche Generali ha precisato di non aver partecipat­o ad alcun comitato.

Certo, Assogestio­ni, anche per regole interne previste dal suo Statuto, non presenterà una lista comune con Elliott, scenario che avrebbe favorito l’operazione «tutela-italia». E dunque la sfida si giocherà tutta sulla conta dei voti.

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