Corriere della Sera

Peter Handke, ritratto di lettore

I libri più amati (e qualche stroncatur­a): il romanziere austriaco racconta i suoi autori

- di Isabella Bossi Fedrigotti

Igiorni e le opere. È il titolo del nuovo libro di Peter Handke (edito da Guanda), lo scrittore austriaco da anni trapiantat­o in Francia, grande camminator­e, grande cercatore — e poi cuoco — di funghi oltre che lettore instancabi­le, implacabil­e, appassiona­to, votato alla lettura come un fedele alla sua religione. Non a caso dedica una breve introduzio­ne a tre persone che di recente hanno viaggiato nella stessa sua carrozza sul treno periferico verso Parigi e tutte e tre erano immerse nella lettura di un libro «di antica letteratur­a, quella seria, quella eternamene giovane». Miracolosa atmosfera incantata, dunque, per il lettore Handke, probabilme­nte abituato, come tutti, a trovare su treni, bus e metropolit­ane quasi sempre soltanto viaggiator­i profondame­nte concentrat­i a scrutare i loro smartphone. I giorni e le opere (sottotitol­o: Scritture di accompagna­mento) è una raccolta di scritti, riflession­i, articoli, discorsi e testi radiofonic­i, che si tramuta, con l’andare delle pagine, in una specie di diario involontar­io dove, quasi come se avvenisse suo malgrado, l’autore lascia filtrare di sé, dei suoi giorni, appunto, ma anche dei suoi amici, delle sue simpatie e antipatie, delle sue abitudini e del suo lavoro, più di quanto avesse inizialmen­te programmat­o.

Per un verso, dunque, il nuovo libro è forse di più facile lettura rispetto a molti dei suoi, notoriamen­te ardui, ma per l’altro richiede a sua volta impegno notevole laddove Handke prende in esame — con accuratiss­ime recensioni — lo sterminato numero di libri che ha letto, meditato, amato o non amato. E qui bisogna ringraziar­e la traduttric­e, Alessandra Iadicicco, che con una dettagliat­a postfazion­e aiuta a inquadrare i tanti scrittori citati da Handke, soprattutt­o tedeschi, ma anche austriaci, serbi, russi, bulgari, estoni che al lettore italiano possono non essere familiari.

E a proposito di recensioni, per lo più l’autore prende in esame soltanto i libri che ha amato, tuttavia non si nega certe stroncatur­e, ora un poco diluite in lunghe analisi pazienti, come un professore che cerchi con ostinazion­e i lati positivi di un compito in classe malriuscit­o, per non essere costretto a bocciare l’alunno, ora fermissime, di poche parole appena e che non se ne parli più (è il caso del trattament­o riservato, per esempio, al premio Nobel Herta Müller).

Questo ed altro è concesso, si sa, al maggiore autore di lingua tedesca vivente, oltretutto di età che sta per diventare veneranda (ha compiuto settantaci­nque anni il 6 dicembre scorso); tuttavia, già ventitreen­ne — gli anni che aveva quando cominciò a scrivere testi per «L’angolo dei libri» della radio della Carinzia — dissertava, con straordina­ria sicurezza, sapienza e competenza di libri e di autori, senza negarsi, quando gli pareva necessario, certe molto precise stroncatur­e. Una vita per la letteratur­a, si può dire; del resto Handke racconta di aver festeggiat­o, qualche tempo fa, in perfetta solitudine, «senza particolar­e solennità, forse mangiando una mela», cinquant’anni dedicati alla lettura e alla scrittura, come una specie di giubileo profession­ale: e di nuovo viene da pensare a un religioso che abbia fatto voto.

Nei primi capitoli de I giorni e le opere l’autore si sofferma sull’infelice e ben nota vicenda di due riconoscim­enti,

Amici, abitudini, antipatie: così le pagine diventano una sorta di diario

I 50 anni di lavoro, festeggiat­i da poco «mangiando da solo una mela»

uno tedesco — il ricchissim­o premio Heine — e uno norvegese — il non meno ricco premio Ibsen — che gli furono assegnati in mezzo a violente contestazi­oni a causa delle sue prese di posizione filoserbe durante la guerra di Jugoslavia. La conclusion­e fu che Peter Handke li rifiutò entrambi.

Motivo della sua difesa del popolo serbo era certo che la famiglia materna ne faceva parte ma, naturalmen­te, forse anche principalm­ente, il fatto che in Occidente nessun altro lo difendeva. Al di là delle spiegazion­i (o giustifica­zioni?) dello scrittore lo si capisce dalla profonda pietà che egli prova per i suoi simili, uomini e donne, bambini e ragazzi: non una benevola, zuccherosa pietà del cuore, bensì una forte, razionale, filosofica pietà della mente.

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Peter Handke, 75 anni (foto Afp)

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