Baglioni querela Ricci per diffamazione Replica: non mi pento
«B erlusconi? Solo lo spunto di partenza». Daniele Luchetti ha iniziato a pensare a Io sono Tempesta («Una farsa sociale, un piccolo affresco tragicomico») all’epoca dell’affidamento in prova ai servizi sociali per un anno del leader di Forza Italia dopo la condanna nel processo Mediaset. «Poi la cronaca è rimasta sullo sfondo. Con i miei co-sceneggiatori, Giulia Calenda e Sandro Petraglia, ci siamo domandati: ma veramente ci interessa? Sui giornali c’era già tutto, troppo prevedibile. Non avevamo intenzione di indagare sul personaggio, avremmo dovuto prendere una posizione che non ci interessava prendere». Piuttosto, racconta il regista de Il portaborse, meglio poggiare i piedi su quella base per interrogarsi, in chiave di opera buffa, sul Berlusconi che è in noi. O il Ricucci, il Briatore, e via elencando. «In fase di preparazione abbiamo pescato in diversi modelli di imprenditori e uomini d’affari noti e meno noti. Ma l’idea era allontanarci dal realismo e, piuttosto, interrogarci, attraverso la maschera di Numa Tempesta, sulla povertà, sugli effetti sociali del potere del denaro. Noi siamo Tempesta, anche io. È solo una questione di prezzo».
Maschera italianissima, affidata alla faccia un po’ così di Marco Giallini — finanziere faccendiere miliardario, moltiplicatore di lusso, vizi e ricchezze. Un imprenditore senza scrupoli, rappresentante di quel capitalismo amorale abituato a muoversi sulla base di codici ad personam («Tutto è legale fino a che non ti beccano»; «Le condanne non contano, fanno curriculum», le sue massime preferite). Fidandosi ciecamente sulla propria capacità di seduzione. «Non un cattivo, anzi, un tipo simpatico, come sono sempre L’intervista finisce in tribunale. I commenti al veleno nei confronti di Claudio Baglioni sono costati ad Antonio Ricci una denuncia per diffamazione e un’inchiesta aperta dalla Procura di Roma. L’inventore di Striscia la notizia aveva infilzato a modo suo il cantautore, dicendo che «il botulino gli intoppa i ragionamenti nel cervello» e spiegando che non lo Autore Daniele Luchetti è nato a Roma, il 25 luglio 1960. Tra i suoi film «Il portaborse» (1991), «La scuola» (1995), «Mio fratello è figlio unico» (2007), «Anni felici» (2013) i figli di puttana. Qui sono i buoni e i poveri che diventano figli di puttana, non lui che diventa buono», anticipa il regista romano.
Complice una vecchia condanna per evasione fiscale, infatti, Tempesta è costretto a scontare un anno di pena in un centro di accoglienza. In mezzo a rifugiati, senza casa, disoccupati, vecchi e nuovi poveri. Come Bruno (Elio Germano), sopportava perché «era il cantante preferito dei fascisti. In uno spettacolo dissi anche che gli avrei tirato una molotov. Ora se gli dai fuoco si sparge odore acre di plastica che semina diossina in tutto il Paese». A querela depositata Ricci non fa passi indietro: «La querela è la riprova del “piccolo grande amore” con cui ha affascinato tanto i fasci. Non mi pento e confermo subito rivende guadagnandoci e eleggendoli, nel frattempo, a residenza — le ragazze a cui si accompagna per combattere la malinconia canaglia. È convinto di essere come lui, solo un po’ più sfortunato. Pronto a cogliere l’attimo quando, certamente, si presenterà, mettendosi alla guida di una banda di disperati che non sarebbe dispiaciuta a Monicelli. «Non volevamo raccontare i piccoli problemi della borghesia, di solito al centro del cinema italiano ma parlare di povertà senza lo sguardo dall’alto del borghese verso le periferie e le borgate, ma paritario, in chiave di commedia». Dove il lieto fine ha un sapore amaro. «Chi soddisfa i bisogni materiali lo fa a danno degli altri. Se c’è una morale è che non c’è una morale».
In quanto a un altro Berlusconi, quello a cui Paolo Sorrentino dedica Loro I e II, Luchetti precisa. «Ho pensato al mio film — prodotto da Cattleya e Raicinema, esce il 12 aprile per 01 — prima di quello su papa Francesco, senza sapere del progetto di Paolo che sarà molto diverso. Sono curioso di vederlo, di certo avrà trovato la chiave giusta».