«Buste con proiettili per minacciare gli arbitri»
Il n. 1 Nicchi denuncia: «Violenza, cause e rimborsi non pagati. E la Figc non fa nulla»
Buste con proiettili, minacce di morte, arbitri trascinati in tribunale. Troppo per starsene zitti, stavolta.
Di solito è il contrario, tutti contro l’arbitro, stavolta invece fa un certo effetto perché i ruoli si invertono e sono gli arbitri ad andare all’attacco. Se non di tutti, di molti, a partire da una «Federcalcio in grande difficoltà», parola di Marcello Nicchi che degli arbitri è rappresentante al terzo mandato e che ieri ha denunciato un’inquietante vicenda avvenuta una decina di giorni fa: «Mi hanno spedito un plico con dentro dei proiettili, lo stesso al mio vice e al designatore Rizzoli».
Roba da mafia, un’intimidazione vera e propria che ha costretto la procura di Roma ad aprire un’inchiesta, una storiaccia che pare uscita dalle pagine di nera, non da quelle di sport. E che però è solo una rispetto alle decine che avvengono ogni domenica sui campi secondari dove «cento arbitri solo questa stagione sono finiti al pronto soccorso, ragazzi di 16 o 17 anni, li picchiano e dobbiamo stare pure zitti», la denuncia di Nicchi, che ha poi attaccato «i giornalisti che istigano alla violenza» e toccato anche la vecchia questione dei ritardi nei rimborsi, «fermi ad ottobre, con i genitori che devono anticipare le spese dei figli per mesi».
Arretrati per 7,5 milioni che vanno coperti dalla Figc, dalla quale l’aia si sente in un certo senso accerchiata e minacciata. Problematiche croniche, quelle della violenza e dei rimborsi, alle quali s’è aggiunto il tema forte delle denunce dei tifosi contro gli errori: gli arbitri Giacomelli e Di Bello, rispettivamente direttore di gara e responsabile Var di Lazio-torino disputata a dicembre, dovranno comparire in tribunale citati in giudizio da 11 sostenitori biancocelesti. «Vi risulta che succeda a un giocatore?».
I vertici Aia pretendevano una presa di posizione forte della Figc, «invece non c’è stata una parola». Non si parla di scioperi, «parola che non ho mai pronunciato». Niente ultimatum quindi, né controparti direttamente chiamate in causa, anche se l’attacco verso la Federcalcio è chiaro, per quanto poi Nicchi abbia riservato termini elogiativi al commissario straordinario
Roberto Fabbricini, «persona capace e rispettosa».
Normale però che, dopo l’offensiva di ieri, il dossier sulla ribellione dei fischietti arrivi già la settima prossima sul tavolo della riunione delle componenti. Già avviato invece il dialogo col presidente del Coni, Giovanni Malagò. Perché la questione resta comunque anche politica. Gira voce che vogliano levare agli arbitri il 2 per cento di voti nell’elezione del presidente della Figc, ma Nicchi assicura che la cosa non c’entra, non è all’ordine del giorno.
Tuttavia la sua denuncia di un «attacco della Federcalcio all’autonomia dell’aia per accentrare tutto a Roma» somiglia molto a un avviso ai naviganti, qualcosa di simile a un «noi ci siamo e non ci muoviamo».
Intimidazioni
La procura di Roma ha aperto un’inchiesta «Cento fischietti finiti al pronto soccorso»