I renziani pensano alle primarie Martina: unità
Orlando: Matteo lasci lavorare il reggente
«Diamoci tutti una calmata»: il copyright è di Lorenzo Guerini. Non è propriamente un appello politico, ma è esattamente quello che in queste ore vanno ripetendo anche Renzi e Martina che vedono scivolare il Pd verso un congresso anticipato.
È un obiettivo che hanno in mente non solo i pasdaran renziani. Anche un uomo lontano dalle tifoserie come Delrio pensa che occorrano le primarie per rivitalizzare il partito e dargli una leadership forte. Sembra aver fiutato l’aria pure Zingaretti, che vorrebbe presentarsi alle primarie, e che non a caso proprio ora dichiara: «La nostra giunta è un modello per l’italia». Un altro passo verso l’auto candidatura.
I renziani che vogliono il congresso anticipato per eleggere il segretario non hanno però un candidato. In campo c’è Matteo Richetti, che oggi terrà a Roma una sua iniziativa, molto attesa dai sostenitori dell’ex segretario. Sullo sfondo c’è Graziano Delrio, che continua a negarsi ma che è l’unico a cui l’ex numero uno del Pd darebbe la benedizione. In mezzo ci sono Renzi, Martina e Orfini che tentano di mediare per evitare la spaccatura. «Chiedo unità, offro collegialità», dice il reggente. Ed è chiaro che si rivolge ai renziani sul piede di guerra. Come a dire: non vi preoccupate che se vengo eletto il renzicidio non ci sarà. Il segretario dimissionario tenta di calmare i suoi: «Non è il momento delle divisioni interne», esorta. E qualche maligno al Nazareno insinua: «Renzi vuole Martina perché così lo può condizionare mentre non potrebbe fare lo stesso con un segretario eletto alle primarie».
Quale che sia la verità, un dato è certo. Renzi può contare sul 59 per cento dei componenti dell’assemblea nazionale. Prima erano il 70, ma da dopo la sconfitta elettorale alcuni hanno detto addio all’ex segretario. Comunque, il 59 è decisivo per eleggere Martina. O per preferirgli un altro: Lorenzo Guerini, per esempio, che però si tiene fuori da questo teatrino. Oppure ancora per lasciar spazio a quanti vogliono il congresso e le primarie.
Andrea Orlando, leader della più corposa minoranza interna, ha capito l’antifona ed è preoccupato. Era convinto che con Martina cambiassero i giochi e per questa ragione stava pensando addirittura di votarlo e di rientrare in maggioranza. Ma ha compreso che comunque l’azionista di riferimento rimarrà il segretario dimissionario e perciò ora diffida: «Renzi lasci lavorare Martina in pace oppure ritiri le sue dimissioni». Un’accusa, certo, ma anche un’ammissione di debolezza. È ancora Renzi a dare le carte nel Pd. Martedì ci sarà la riunione dei gruppi parlamentari per decidere il da farsi prima del secondo giro di consultazioni. Dopodiché Renzi riunirà ancora i partecipanti all’incontro di ieri. Ma la sua posizione è chiara sin da ora: «Stiamo fermi sull’arrocco, che funziona, e aspettiamo il secondo giro per capire se Di Maio farà altre proposte al Pd e se accetterà di fare un passo indietro sulla premiership». Dopodiché Renzi dirà la sua all’assemblea del 21.
Fermiamo queste polemiche sbagliate Non servono conte interne Maurizio Martina