Paura di stroncature social E il festival di Cannes abolisce le anteprime
Protesta dei giornalisti, il Festival vuole evitare le stroncature sul web
S uperata la settantina (festeggiata l’anno scorso), il festival di Cannes ha deciso di cambiare pelle: in attesa della conferenza stampa di giovedì in cui verrà presentato il programma 2018, il delegato generale Thierry Frémaux ha anticipato che da quest’anno saranno proibiti i selfie sul tappeto rosso e abolite le visioni anticipate per la critica.
Chi ha il privilegio di salire i gradini che portano alla sala Lumière (dove si svolgono le proiezioni ufficiali) non potrà più auto-immortalarsi e i giornalisti dovranno aspettare di vedere i film la sera, in contemporanea con le delegazioni ufficiali (ritardando così i tempi di pubblicazione delle recensioni).
Ma se la prima novità toccherà solo gli spettatori narcisi, l’introduzione del secondo divieto rischia di modificare in maniera sostanziale il rapporto tra Cannes e la stampa, e la natura stessa del festival.
Da qualche anno erano sempre più forti le lamentele dei produttori che non volevano arrivare alle serate di gala preceduti da una stroncatura via social. Soprattutto in Francia, dove il peso di una recensione sfavorevole può ancora pregiudicare la vita commerciale di un film. E così si è pensato bene di abolire le critiche.
Annullando le proiezioni in anteprima per gli addetti ai lavori, i loro giudizi non potranno Il salto
Il regista svedese Ruben Östlund ha festeggiato con un salto la Palma d’oro vinta nel 2017 per «The Square» che arrivare solo molto dopo la scontata dose di applausi che accompagna le proiezioni ufficiali, trasformate oramai in passerelle pubblicitarie con cui inondare tutti gli ambiti possibili sui media (e togliere spazio alla critica).
L’ha fatto notare subito il Syndacat français de la critique de cinéma preoccupato che la carta stampata, costretta a inseguire i ritmi delle reti televisive, finisse per privilegiare le immagini (promozionali) ai testi (di analisi). Una paura che hanno subito condiviso anche i colleghi italiani del Sindacato critici quando hanno ribadito che questa misura «rischia di penalizzare proprio coloro che più degli altri hanno bisogno di riflettere sull’oggetto della loro scrittura». Ma questa rivoluzione non riguarda solo la categoria, tutto sommato minoritaria, dei critici: se questa nuova regola preoccupa è perché accettare le pretese dei produttori (tra cui si era distinto Vincent Maraval, patron di Wild Bunch e tra i più influenti del cinema francese) vuol dire stravolgere completamente il senso dei festival, fino a ieri gara tra quanto di meglio offriva il cinema, da domani solo rampa per il lancio pubblicitario di un film.
È vero che certo giornalismo si è conquistato notorietà
I produttori
Pesano le pressioni dei produttori che preferiscono ritardare le recensioni ufficiali
riducendo i suoi interventi a invettive goliardiche (se non peggio) e che la corsa ad arrivare primi sui social favorisce una comunicazione schematica e sentenziosa, ma la soluzione scelta non solo finisce per punire chi ha sempre cercato di mettere davanti l’analisi critica al sarcasmo e alla superficialità, ma rischia di essere la consacrazione di una mutazione epocale, e cioè che i festival — e Cannes pretende di essere il più importante del mondo — sono diventati solo un ingranaggio nelle strategie di marketing.
Il (brutto) messaggio che passa è che non si disturba il manovratore. E se il pubblico vuole sapere se vale la pena di vedere un film, che si accontenti dei tappeti rossi e degli applausi (sponsorizzati) che li accompagnano. Oppure si indirizzi verso un altro tipo di festival.