L’oscar lirico alla Scala «Vince il dolce suono»
Premiati i musicisti della Scala Chailly: vittoria dello stile italiano
L’Orchestra della Scala è la migliore del mondo. Titolo conquistato a Londra durante la cerimonia di consegna degli International Opera Awards. A ritirare il premio il sovrintendente Alexander Pereira. a pagina
And the Best Orchestra is... Quella della Scala, da oggi la migliore del mondo. Titolo conquistato ieri sera a Londra durante la sfavillante cerimonia di consegna degli International Opera Awards, per il loro prestigio considerati gli Oscar della lirica. Suddivisi come quelli per il cinema in categorie: miglior direttore, migliori cantanti, miglior coro, miglior regista... gli Opera Awards raccolgono migliaia di segnalazioni poi vagliate da una giuria di addetti ai lavori, direttori artistici, critici, discografici. Alla fine un centinaio di nomination per 20 premi diversi. Tra cui quello per la miglior orchestra. Riconoscimento cardine, assegnato nei 7 anni di vita degli Awards solo due volte, nel 2013 alla formazione del Metropolitan e ora a quella della Scala.
A ricevere sul red carpet del Coliseum la statuetta a forma di chiave di violino, Alexander Pereira. «Sono molto contento per il meraviglioso lavoro fatto in questi anni dai nostri musicisti — ha esordito il sovrintendente —. Ringrazio Soprano Pretty Yende è nata a Piet Retief, in Sudafrica, il 6 marzo del 1985 e ha frequentato l’accademia della Scala
Questo trofeo sostiene la scelta che da tre anni perseguo con convinzione: va esaltata la nostra tradizione che non è solo Verdi e Puccini ma anche quella di tanti altri autori trascurati Chailly
Riccardo Chailly che tanto si è dedicato a loro. E anch’io mi sono speso molto per portare alla Scala alcuni grandi del podio, da Haitink a Blomstedt, da Järvi a Jansons». Ma a creare quell’unicità del suono scaligero, aggiunge, c’è anche la compattezza di una compagine «composta in maggior parte da italiani, e questo vuol dire molto per l’identità del suono. Alla cui inconfondibile dolcezza contribuisce non poco la presenza di molte strumentiste». Da Milano, impegnato nel Don Pasquale, Riccardo Chailly festeggia con la sua orchestra «È l’originalità del suono, il suo stile “italiano”, che hanno determinato questo premio — assicura —. Una qualità diventata il marchio della Scala nel mondo. È il risultato di aver favorito un repertorio capace di esaltare le radici musicali dell’orchestra. Confortandomi nella scelta che da tre anni perseguo con grande convinzione: approfondire la nostra tradizione, che non è solo Verdi e Puccini ma tanti altri autori magnifici e ingiustamente trascurati».
Un percorso radicale a cui Chailly affianca l’impegno sinfonico. Con l’orchestra scaligera e la Filarmonica il direttore continua un’esplorazione del linguaggio tardo romantico e contemporaneo. «Un allargamento di frontiere sonore che arricchisce la conoscenza musicale e la confidenza strumentale. Aver eseguito tanto Schumann, Beethoven, Mahler ha certo contribuito ai toni oggi più bruniti degli archi. Perché, come aveva intuito Claudio Abbado, fondatore della Filarmonica, una grande orchestra d’opera non può prescindere dall’attività sinfonica».
Una formula che ha fatto preferire il suono Scala a quello delle altre concorrenti: l’orchestra del Festival di Bayreuth, la Deutsche Oper, la Lyric Opera di Chicago, la Bayerisches Staatsoper, la Musicaeterna di Currentzis. Tra gli altri Awards, da ricordare quello alla carriera a Teresa Berganza, al miglior direttore, Vladimir Jurowski, a Piotr Beczala e Malin Byström, migliori cantanti. «E Byström — si lascia sfuggire Pereira — tra due anni sarà alla Scala per la Salomè di Strauss, direttore Chailly». Grande soddisfazione infine per un altro premio, al Festival Verdi di Parma. Che con pochi mezzi e tante idee ha sbaragliato rivali altolocati come Bayreuth, Glyndebourne, Opera Forward, Opera Philadelphia e Santa Fe Opera. Finito nelle nominations anche per la miglior produzione, lo Stiffelio di Graham Vick (ma ha vinto il Billy Budd del Teatro Real di Madrid), il Festival verdiano si porta a casa una medaglia scintillante. «Una gioia inattesa, una ricompensa a tanto lavoro — esulta la direttrice artistica Anna Maria Meo, ideatrice di una sfida coraggiosa —. Tener conto della dimensione filologica ma senza tema di proporre regie innovative, sguardi laici capaci di mettere in discussione Verdi e sottrarlo a una “sacralità” mortifera». Il successo dello Stiffelio e l’award di Londra le hanno dato ragione.