Corriere della Sera

Non ci sono per nessuno

- Di Massimo Gramellini

Questa storia è misteriosa fin dall’inizio, perché comincia con un incidente tra due auto in cui quella che ha ragione scappa. I vigili rintraccia­no il conducente all’ospedale di Genova dove è andato a farsi medicare. Si presenta come un signore oltre la sessantina, dai modi distinti. Appena gli chiedono i documenti, risponde che non li ha. Ma non nel senso che li ha scordati sul cruscotto. Non li possiede proprio. Racconta di averli stracciati agli albori degli anni Novanta. Quando, per motivi che non intende rivelare, decise di seppellire il se stesso che era stato e di darsi alla macchia, pur non essendo inseguito da nessuno. Ma mentre il fu Mattia Pascal di Pirandello aveva assunto un’altra identità, lui è scappato da tutte, appoggiand­osi di volta in volta a un nome di comodo. Senza un lavoro fisso né una fissa dimora, ma anche senza denunce a carico, assicurano le prime indagini.

Dei cascami giuridici e soprattutt­o fiscali della sua scelta si occuperann­o le varie amministra­zioni dello Stato alle cui attenzioni quest’uomo si è sottratto per trent’anni. Qui ci interessa di più l’aspetto esistenzia­le. Scomparire dai radar sociali è una decisione eccentrica. Ma autoimpors­i l’anonimato nell’epoca in cui tutti esibiscono la loro vita in pubblico come un fotoromanz­o, è una di quelle follie che contengono un grano di saggezza sul quale mi ripropongo di meditare seriamente, appena avrò finito di aggiornare la pagina Facebook.

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