Trump: Siria, l’ora delle decisioni Ipotesi di un intervento con Parigi
La decisione di Donald Trump, attaccare o no la Siria, è attesa già nella notte o, al massimo, nella giornata di oggi. Gli Stati Uniti preparano «una forte risposta all’atto barbarico», l’attacco chimico attribuito a Bashar al Assad contro la popolazione di Douma, il 7 aprile: almeno 60 morti, molti bambini, e circa 1000 feriti. E, questa volta, tutto lascia pensare che gli americani non saranno soli. Domenica sera Trump si è sentito al telefono con il presidente francese Emmanuel Macron. Nel comunicato della Casa Bianca si legge: «I due leader hanno concordato di coordinare una forte, comune risposta». L’asse sulla Siria tra Washington e Parigi non è una novità. In diverse occasioni il presidente francese si era impegnato pubblicamente a partecipare con gli americani a blitz punitivi contro Assad.
Trump ha detto esplicitamente che «ogni opzione è sul tavolo», compresa quella militare.
L’attesa è per un raid, simile a quello del 7 aprile 2017, quando gli Usa colpirono con 59 missili Tomahawk l’aeroporto di Shayrat, dopo la strage con il sarin nel villaggio di Khan Sheikhun.
«Prenderemo una decisione importante entro 24-48 ore», ha aggiunto il presidente americano, rivolgendosi ai giornalisti, prima di cominciare la riunione del suo governo: «È stata un’azione atroce, orribile. Qui stiamo parlando di umanità, non possiamo permettere che accadano queste cose. Stiamo studiando la situazione in modo molto accurato. Sapete che la zona è circondata e quindi è difficile raccogliere elementi. Se dicono di essere innocenti, perché hanno chiuso l’area? Vedremo di chi sono le re-
Possibile coalizione Ci potrebbe essere anche Londra: Theresa May ci sta riflettendo Israeliani già schierati
sponsabilità, se della Russia, della Siria, dell’iran o di tutte e tre insieme. Lo scopriremo presto e la nostra reazione sarà rapida».
E per una volta Trump non scantona una domanda su Vladimir Putin. Chiede un cronista: «Putin ha qualche responsabilità?» «Potrebbe, sì potrebbe averne. E se è così, la questione diventa molto dura, molto dura». E ancora: «Per quanto mi riguarda non ho il minimo dubbio su che cosa sia accaduto e chi sia il responsabile, ma i nostri generali ci stanno ancora lavorando e avremo risultati, credo, nelle prossime 24 ore».
L’impressione è che possa prendere rapidamente forma una minicoalizione pronta a «punire» il regime di Damasco. Ci potrebbe essere anche il Regno Unito: la premier Theresa May ci sta riflettendo. Gli israeliani sono pronti. Anzi, gli iraniani, i russi e i siriani hanno accusato l’aviazione di Benjamin Netanyahu di aver bombardato la base aerea militare T-4 non lontano da Homs, controllata dall’esercito di Bashar al Assad: 14 morti tra cui due militari di Teheran. Israele non ha né smentito, né confermato il raid. I media americani, però, sostengono che Washington sarebbe stata preavvertita dagli alleati.
Veemente la reazione russa e ieri si è sviluppata nella riunione di urgenza del Consiglio di sicurezza dell’onu. L’ambasciatore di Mosca, Vassily Nebenzia, ha smentito su tutta la linea: «Non ci sono prove di attacchi chimici». E poi si è scagliato contro gli Stati Uniti, la Francia e il Regno Unito: «Avete avviato una campagna di aggressione contro la Russia e contro la Siria, un Paese sovrano. State usando toni offensivi che vanno ben oltre quelli della Guerra fredda. Non vi rendete conto fino a che livello di rischio state spingendo la situazione internazionale. Noi non vi chiediamo niente, noi non vogliamo essere vostri amici. Vogliamo solo delle relazioni civili, che voi disprezzate».
Durissima la replica dell’ambasciatrice americana Nikki Haley: «In Siria la Russia sostiene un mostro. Ma l’ostruzionismo russo non impedirà agli Stati Uniti di rispondere».